Ecco l’accaduto: il 24 maggio del 2015 la Camera ha approvato all’unanimità un disegno di legge per la “riabilitazione” dei soldati fucilati della Grande guerra. La allora ministra della difesa Pinotti ha subito istituito un Comitato storico scientifico per la Grande Guerra, presieduto dall’onorevole Franco Marini, con il compito, tra le altre cose, di analizzare il “fattore umano” di fronte alle atrocità del conflitto. Nel frattempo, la commissione Difesa del Senato della Repubblica per un anno abbondante si è riunita per prendere in esame il testo già approvato dalla Camera, prima della sua approvazione definitiva. I verbali delle riunioni della commissione sono disponibili nel sito del Senato.
Leggendo la verbalizzazione di un anno abbondante di riunioni mi ha colpito non tanto il contenuto delle discussioni, quanto l’auspicio, più volte e da più parti ribadito, che i lavori della commissione potessero aver termine in tempo utile per proporre un testo alternativo (l’esigenza di un riesame in commissione nasceva proprio dalla necessità di riflettere e rimettere mano sul testo approvato alla Camera) entro la data del 4 novembre 2016.
Tale scadenza non è stata rispettata.
L’ultima riunione della Commissione in cui si è parlato di questa legge è del 21 dicembre 2016. È durata dalle ore 8.50 alle ore 9.15, e si è chiusa con l’ulteriore auspicio del presidente di commissione onorevole Latorre, “che l’ulteriore momento di riflessione offerto dalla sospensione per le festività natalizie possa concludersi positivamente“.
Al di là dei come e dei perché, entrare un po’ nel merito può fare luce sui contorni del problema.
All’interno della commissione sono emerse sostanzialmente due posizioni: da un lato quella di chi ha ribadito più volte che lo strumento legislativo non è adatto all’analisi di fatti storici complessi. Se la parafrasi che propongo è giusta, questa posizione spinge per un accantonamento definitivo del disegno di legge, giustificato dal fatto che la “cosa pubblica”, o in altri termini la politica, non debba entrare in problemi di siffatta natura.
L’altra parte ha valutato la possibilità di presentare alle camere una legge modificata, e i nodi delle modifiche ruotano attorno all’uso di due termini fondamentali: “riabilitazione” e “perdono”.
Nel disegno di legge originario si leggeva, al comma 1 dell’art. 1: “È avviato d’ufficio […] il procedimento per la riabilitazione dei militari delle Forze armate italiane che nel corso della prima Guerra mondiale abbiano riportato condanna alla pena capitale”. Tale riabilitazione, cui comunque non sarebbero stati ammessi i militari condannati a morte “per aver volontariamente trasferito al nemico informazioni coperte dal segreto militare e pregiudizievoli per la sicurezza delle proprie unità di appartenenza e per il successo delle operazioni militari delle Forze armate italiane”, ha come effetto l’estinzione delle “pene accessorie, comuni e militari, nonché ogni effetto penale e penale militare delle sentenze di condanna alla pena capitale emesse dai tribunali militari di guerra”.
Effetto secondario della riabilitazione sarebbe stato l’inserimento dei nominativi dei condannati a morte “nell’Albo d’oro del Commissariato generale per le onoranze ai caduti” (art. 2, comma 1). Infine, al comma 2 dell’art. 2, si legge che “al fine di manifestare la volontà della Repubblica di chiedere il perdono dei militari caduti che hanno conseguito la riabilitazione ai sensi della presente legge, in un’ala del complesso del Vittoriano in Roma è affissa una targa in bronzo che ne ricorda il sacrificio”.
Dopo diverse discussioni e svariati confronti sulle ovvie diversità di vedute, il 2 novembre 2016 la Commissione si riunisce per discutere la proposta di un nuovo testo, elaborato da un “comitato ristretto”.
In questo nuovo testo ci sono due sostanziali novità.
La prima: scompare la “riabilitazione”. Al suo posto, nell’art. 1, comma 1, si legge: “La Repubblica riconosce il sacrificio degli appartenenti alle Forze armate italiane che, nel corso della prima Guerra mondiale, vennero fucilati senza che fosse accertata a loro carico, a seguito di regolare processo, un’effettiva responsabilità penale”.
In generale, quindi, nessun soldato fucilato può avere la riabilitazione; in secondo luogo si fa una distinzione tra coloro che vennero fucilati senza che fosse accertata un’effettiva responsabilità penale, ai quali va la riconoscenza della Repubblica, e tutti i “rei comprovati”, per i quali, stando alla proposta di legge, non c’è riconoscenza da parte della Repubblica.
Scompare infine ogni riferimento al reinserimento (anche dei fucilati “potenzialmente innocenti”) all’Albo d’oro.
Sul fronte del “perdono”, il testo alternativo elaborato dal comitato ristretto capovolge totalmente l’impianto precedente: nel comma 4 dell’art. 1 si legge infatti: “Nel Complesso del Vittoriano in Roma è affissa la seguente iscrizione: Nella ricorrenza del centenario della Grande guerra e nel ricordo perenne del sacrificio di un intero popolo, l’Italia onora la memoria dei propri figli in armi fucilati senza le garanzie di un giusto processo. A chi pagò con la vita il cruento rigore della giustizia militare del tempo offre il proprio commosso perdono“. Nella sostanza: onore a chi non ebbe garanzia di giusto processo, perdono dell’Italia agli altri.
L’8 novembre la Commissione, riunitasi nuovamente, si confronta su dieci proposte di emendamento al testo. Dopo ampia discussione il seguito dell’esame degli emendamenti è rinviato.
Nuovo incontro il 23 novembre, nuova discussione, nuovo rinvio.
Si arriva al già citato 21 dicembre, in cui i membri della commissione concordano sulla necessità di un ulteriore momento di riflessione e confronto.
Negli ordini del giorno delle sedute della commissione Difesa nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2017 l’esame di questa legge non appare più.
L’archivio dei disegni di legge, nel merito dell’atto S.1935, sigla con cui è stata segnata la “Legge sulle fucilazioni” riporta: “21 dicembre 2016: in corso di esame in commissione“.
Ovviamente la speranza è che si giunga a un qualche esito nel tempo utile per la conclusione del Centenario, però, sic stantibus rebus, sono pessimista.
E insomma con ogni probabilità questo Centenario di celebrazioni, di analisi, di riesami e approfondimenti scivolerà via senza che l’Italia possa fare in qualche modo i conti con questa pagina della sua storia.
(2/4 – continua)
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