Epoca, la nostra, di “fake news” o, per dirla con una più divertente parola italiana, di “bufale”, notizie false inventate ad arte con obbiettivi vari, dalla goliardata al tentativo di rovinare la reputazione di un politico in vista di appuntamenti elettorali, allo scopo più antico e più diffuso del mondo: fare soldi. Il problema delle bufale, di cui si sta animatamente discutendo ormai da qualche tempo, deriva dalla loro disgraziata tendenza a diventare “virali”, cioè ad ottenere un’immediata e malaugurata diffusione mondiale attraverso social come Facebook, Instagram o Twitter, per citarne alcuni. Abbiamo visto ad esempio il presidente della Camera, on. Boldrini, intervenire in televisione e sugli stessi social per stigmatizzare l’indecente diffusione di notizie false sulla sorella Lucia, scomparsa tempo fa.
Il governo tedesco si sta muovendo con una bozza di legge che impone maxi sanzioni fino a cinquanta milioni di euro per i social che pubblicheranno o non elimineranno tempestivamente le bufale; multe minori stanno per essere deliberate anche contro singoli cittadini per lo stesso reato e c’è da credere che la Germania non sia che il primo paese a inventare norme che arriveranno in tutta Europa. La discussione intorno al tema è accesa, ma forse non ancora abbastanza: mentre in Turchia un referendum poco chiaro ha aperto la porta ai pieni poteri di un uomo solo e decine di giornalisti rischiano l’ergastolo, da noi leggi del genere sono sul confine tra una lecita difesa dalla diffamazione e il rischio censura dell’informazione.
Quella delle fake news non rappresenta comunque nessuna novità. In questo periodo pasquale chi ha partecipato alla liturgia ha potuto sentire il racconto di un fatto particolare, accaduto immediatamente dopo la Resurrezione: “…Alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: ‘Dite così: I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione’. Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino ad oggi”. Ecco dunque servita una fake news antica di duemila anni.
Il mondo è lento a cambiare. L’avvento di internet però un cambiamento l’ha portato: non si tratta solo del possibile proliferare delle bufale, ma anche della perdita del monopolio del potere su di esse. Come dice il Vangelo stesso infatti, e chissà per quante volte nella storia, il potere ha sempre inventato bufale, per perseguire i suoi scopi e mantenere il controllo: il potere, cioè, non tenta di possedere solo il controllo delle notizie, ma anche delle notizie false. I “padroni della narrativa”, come si dice con un’altra espressione di moda, sanno bene che la vera vittoria è di chi ha la forza di imporre il proprio racconto. Chi perde è senza voce, la realtà è “fatta” da chi può raccontarla: probabilmente anche il De Bello Gallico di Giulio Cesare contiene qualche fake: Vercingetorige non potrà mai smentirle, ha perso.
Per questo, di fronte alle iniziative legislative che intendono controllare le bufale, quel che resta dell’opinione pubblica dovrebbe fare molta, molta attenzione e non permettere che passi con tanta disinvoltura ciò che potrebbe rendere fuorilegge non solo le esecrabili bufale come quelle su Lucia Boldrini (il che sarebbe giusto) ma anche il diritto all’informazione e all’opinione. Il potere ha piena libertà di sparare bufale: ormai sappiamo tutti che il possesso di armi di distruzione di massa da parte del rais iracheno Saddam Hussein fu una fake news: l’allora premier inglese Tony Blair lo ha recentemente rivelato, con un “I’m sorry” davvero fuori tempo: quella bufala, presa a motivo per l’invasione dell’Iraq, è costata anni di guerra e la vita di milioni di persone in un conflitto che dura tutt’ora. Attenzione allora: che questi provvedimenti non siano l’ennesimo colpo del potere travestito, anche stavolta, da motivazioni umanitarie.