Si sta svolgendo in queste settimane un dibattito sulle problematiche sollevate dal flusso turistico in Italia. Potremmo pensare che il turismo non sia qualcosa che ci coinvolge personalmente, come avviene per i dibattiti su pensioni o tassazione, in realtà costituisce una fonte di ricchezza ingente e fondamentale per il nostro Paese. Dall’analisi fatta dal Mibact risulta infatti che la percentuale di Pil nazionale totale generata dal turismo risulterebbe pari all’11,8 per cento (171 miliardi di euro) e l’impatto sull’occupazione sarebbe attorno a 12,8 per cento (3,1 milioni di unità di lavoro).
I recenti fatti avvenuti a Roma, ovvero persone che entrano nella fontana di Trevi, spesso perfino ben poco vestite, hanno riportato alla memoria tutta una serie di esperienze negative correlate alle masse turistiche: bivacchi, sporcizia lasciata in ogni strada e piazza, fontane prese d’assalto come latrine, e ci si è chiesto quale possa essere la soluzione.
Si è pronunciato il ministro dei Beni culturali, Franceschini, che ha proposto di creare dei regolatori di accesso per tutelare i centri storici e alcuni luoghi in cui il flusso turistico è particolarmente elevato, ma proviamo a riflettere. Come sarebbe possibile chiudere le piazze e le strade? Dovremmo immaginare un’architettura urbana invasa da tornelli e inferriate. Mi chiedo se il rischio non sarebbe quello di ostacolare la vita dei residenti, costretti ogni giorno a mettersi in coda per passare da una parte all’altra di una piazza o un ponte, e quello di ostacolare il turismo stesso, privando di enormi guadagni il sito e gli esercenti contigui. Pensate infatti di essere voi un turista che da tempo si organizza per venire in Italia e, giunto finalmente a vederne la bellezza, si trova la strada chiusa perché il numero consentito di passaggi è stato appena superato. Equivarrebbe a quanto successo in passato con quei turisti che si sono trovati l’accesso a un luogo d’arte chiuso per sciopero, senza preavviso. O forse ogni comune dovrebbe organizzare un sistema di prenotazione su internet dei biglietti d’accesso? Ma quante città sarebbero in grado di farlo, per di più per ogni singolo luogo in cui l’accesso fosse stato limitato? E le persone anziane, che hanno poca dimestichezza con internet?
Forse la soluzione è andare in un’altra direzione, che per fortuna già alcuni sindaci, soprintendenti, governatori e storici d’arte stanno proponendo.
Innanzitutto spargere l’enorme flusso turistico anche in luoghi meno noti, decongestionando quelli che attualmente sono di maggiore attrazione. Da questo punto di vista, l’Italia è un vero paradiso terrestre di bellezza e cultura. Il nostro, per esempio, è il paese che concentra il maggior numero di siti Unesco (li trovate a questo indirizzo) rispetto agli altri paesi del mondo. Proviamo a riflettere su quanti di questi siti noi stessi abbiamo visitato: ci renderemo conto che davvero c’è un patrimonio che spesso è anche vicino alle strade che percorriamo ogni giorno, ma che non conosciamo solo perché ignorato dalle grandi campagne pubblicitarie. Ma, come ricordava lo storico dell’arte Tomaso Montanari, docente nell’Università Federico II di Napoli, “per fare questo è necessario che tutto sia raggiungibile, che l’intero Paese sia reso percorribile”. Ha aggiunto anche Philippe Daverio che, per questo, il ministero dovrebbe “rivolgere i riflettori (e i finanziamenti) in molteplici direzioni”. Su questa linea si colloca il Piano strategico di sviluppo del turismo (Pst), un libretto di più di cento pagine che è stato da poco approvato. Gli obiettivi sono tanti, ci auguriamo che siano davvero realizzati.
Ma il dubbio se anche con flussi turistici minori i luoghi d’arte sarebbero davvero protetti, resta. Perché basta anche un solo turista a danneggiare un monumento, usare la Fontana di Trevi come piscina per nuotare o catino per pediluvio.
C’è quindi l’altra soluzione, che ci metterebbe davvero al riparo dalla barbarie: diffondere una cultura del rispetto per l’arte. L’orda turistica non è composta solo da stranieri, anche noi italiani facciamo la nostra parte. Bisognerebbe insegnare già dalle scuole la bellezza diffusa in tutto il nostro Paese, insegnarne l’importanza e la tutela. Ma la via per raggiungere questo obiettivo prevede tempo. Cosa fare allora nell’immediato? Chiediamoci perché in altri Paesi i turisti si guarderebbero bene dal compiere certi gesti di inciviltà. Il problema è che si è diffusa l’immagine dell’Italia come del Paese dove tutto è permesso, dove le sanzioni ci sono ma non sono mai applicate seriamente. Lo Stato e i Comuni stessi dovrebbero far rispettare di più le norme di tutela dei beni artistici, magari coinvolgendo sul territorio un maggior numero di forze dell’ordine. Per fortuna esiste già un Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, ma sembra agire distaccato dagli spazi invasi dai turisti.
È vero, tutte queste soluzioni prevedono investimento di capitali e persone, ma costruire tornelli e cancelli sembra solo mettere una benda a coprire una ferita che, sotto, continua a sanguinare.