Spingersi alle frontiere per ritrovare il punto di partenza. Così può essere sintetizzato il percorso di questo volume (Dall’atomo all’Io, Hoepli 2017), o meglio i percorsi che cinque scienziati italiani ci propongono invitandoci a seguirli in un viaggio avventuroso dentro la realtà della natura. Un viaggio che necessariamente richiede diverse tappe, diverse attrezzature, diverse tempistiche perché l’oggetto stesso dell’indagine lo impone con la sua varietà, variabilità, sovrabbondanza di temi, di messaggi, di provocazioni, di segni. Il resoconto di queste straordinarie avventure alle frontiere della scienza è un diario a più voci che, pagina dopo pagina, assume la forma di un coro ben compaginato, di una sinfonia dove il pentagramma sono i fenomeni naturali, le note sono le osservazioni che li descrivono, gli accordi sono i risultati sperimentali che li interpretano e la melodia sono le leggi che danno risposte alle tante domande innescate dall’inesauribile curiosità dei ricercatori.



Senza rinunciare al rigore e alla correttezza che il metodo scientifico esige e senza nascondere i problemi irrisolti, gli interrogativi ancora aperti, i possibili fraintendimenti i cinque autori riescono nell’impresa di comporre un’opera “per tutti”; si potrebbe dire divulgativa, se il termine non suonasse riduttivo e minimalista. Non si può negare che siano “di tutti” le domande che contrappuntano, come un basso continuo, i paragrafi del libro. 



A partire dall’ouverture, dove il fisico Gianpaolo Bellini — recente vincitore del Premio internazionale Bruno Pontecorvo — si chiede “Di cosa sono fatte le cose?” e articola la risposta attorno a un’idea guida suggestiva, nonché realistica: malgrado le apparenze, la materia è discontinua e sostanzialmente vuota di massa e piena di forze; è sostanzialmente ordinata e segue una rete logica di regole. Ci sono anche domande apparentemente più semplici sulle quali ci coinvolge Bellini: chiedendosi “Come si studiano le particelle?” il fisico ci accompagna nei sotterranei di un grande acceleratore, come il celebre Cern di Ginevra, dove la materia portata ad altissime velocità ed energie subisce tanti Little Bang offrendo ai ricercatori preziosi indizi per poter costruire modelli sempre più adeguati della struttura intima dell’atomo.



Di un altro Bang, il Big Bang, racconta invece l’astrofisico Piero Benvenuti — attuale Segretario dell’Unione Astronomica Mondiale — che parte dalle domande dei primi osservatori delle profondità celesti per leggere l’evoluzione cosmica col linguaggio che meglio la può comprendere: quello della relatività di Einstein. Un cammino trionfale, che ha rivelato un universo affascinante, fatto di miliardi di galassie, che riusciamo ad esplorare — grazie ai poderosi strumenti oggi disponibili — fino alle estremità dello spazio e del tempo, osservando le stelle nel loro nascere e morire e raccogliendo i primi segnali dell’universo neonato. È un percorso che arriva a una conclusione sconvolgente e al contempo esaltante: conosciamo solo il 5 per cento di tutto ciò che esiste nel cosmo! Da ciò non possiamo che trarre, come suggerisce Benvenuti, una lezione di umiltà; e siamo ancor più interessati a riflettere su alcune domande antiche circa l’origine e la peculiarità del nostro universo e circa la nostra possibilità di comprenderlo (che è la cosa più incomprensibile, come sosteneva Einstein).

Di un’altra “origine”, quella della vita, parla il biochimico Paolo Tortora, che prova a immaginare lo scenario della Terra primordiale, teatro 3,5 miliardi di anni fa della comparsa dei primi organismi unicellulari. C’è ancora molto da capire su cosa sia accaduto in quei momenti straordinari: quale succedersi di eventi abbia portato, da un mondo caotico e privo di contenuto informativo, alla genesi di strutture altamente ordinate; e quali condizioni possono spiegare l’apparire di Luca (Last Universal Common Ancestor), il primo organismo vivente, il progenitore di tutti. I risultati raggiunti nelle ricerche sull’origine della vita, osserva Tortora, hanno appena scalfito la superficie del problema; ciò deve far riflettere sul modo con cui vengono affrontati questi temi, sulla superficialità e spesso ambiguità con cui si parla della vita e della possibilità di incontrarla in qualche altra parte dell’universo.

Nel frattempo c’è molto da conoscere sulla storia della vita, di quella vita che si è evoluta sul nostro Pianeta arrivando fino a noi. Il racconto della movimentata storia dell’evoluzione biologica è condotto dal genetista Carlo Soave, che prende atto della sorprendente testimonianza emersa dall’esame dei fossili: le specie animali oggi viventi rappresentano meno dell’1 per cento di tutte quelle esistite. L’estinzione delle specie quindi non è un evento così eccezionale nella storia della vita, anzi, sembra essere la normalità. 

C’è poi la grande domanda: come si generano le nuove forma dei viventi, le “infinite forme bellissime” di cui parlava Darwin? Qui ci sono da registrare tante novità nella ricerca, nuovi paradigmi interpretativi e nuove piste di indagine: come l’importanza dell’eredità epigenetica, il ruolo dell’evoluzione culturale, la funzione propulsiva delle cooperazione che limita l’assolutismo della competizione.

Infine l’Io, la seconda parola del titolo, che il neurologo Mauro Ceroni affronta sulla base dell’impegnativa domanda: da dove nasce la coscienza di sé? Un interrogativo che entra sempre più nella sfera delle indagini scientifiche, a fronte di un impetuoso sviluppo delle neuroscienze e della disponibilità di apparecchiature e di potenti tecniche di analisi delle funzioni cerebrali. Non è difficile individuare i limiti e i punti critici posti dalla diffusione e applicazione di tali strumenti, anche se i grandi progetti internazionali da poco avviati su questi temi sembra sottovalutarli. È sottesa a molte ricerche del genere l’idea che l’uomo sia totalmente riducibile al suo cervello, considerato alla stregua di un computer dove i neuroni e la mente sono rispettivamente l’hardware e il software. Ceroni propone un criterio base per comprendere la coscienza: è quello di partire dall’esperienza umana così com’è per tutti e di verificare sempre nell’esperienza qualunque teoria o schema concettuale.

Dopo un viaggio così è inevitabile tornare a interrogarsi con maggior consapevolezza sulla scienza, sul suo valore, sulle sue delimitazioni. È quello che fa ancora Bellini, rispondendo in modo chiaro e sintetico a una raffiche di domande come: Cos’è scientifico? Su cosa è basata la scienza moderna? Come procede la scienza? Come si esprime la scienza? La scienza interpreta il reale? Le conclusioni scientifiche sono definitive?