Brani di una conversazione al bar del ristorante “Le Monde”, dalle parti di Columbia University, fra due cervelli-in-fuga italiani a New York.

Lei — Che cosa pensi della sparatoria anti-repubblicana dell’altro giorno?

Lui — Da qualche parte in questo mondo ci dev’essere una vecchia talpa marxista che sta crepando di risate dentro uno dei suoi cunicoli, in questo vecchio mondo che barcolla da un luogo comune all’altro. Prima, il dogmatismo marxista che ha impolverato di noia la vita della mia generazione, ma che almeno ci ha incoraggiato a ricercare connessioni tra le astrazioni filosofiche e le concretezze politico-economiche (anche se poi ci siamo resi conto che la filosofia in questione era una forma rozzamente polemica della medesima, e che la pretesa concretezza politica ed economica era una serie vertiginosa di astrazioni). E poi, il preteso “superamento” del marxismo, con la ricerca affannosa dei surrogati…



Lei — Senti, giovane talpa, sei troppo tortuoso per i miei gusti; comunque, arrivederci in giro.

Lui — No, scusa, aspetta: vabbè, l’ho presa un po’ alla larga, ma un nesso c’era. E’ da parecchi mesi che in questo paese si stanno facendo le prove di un balletto che si potrebbe chiamare “La Nuova Guerra Civile”.



Lei — Ah, perché non ci sono più Marinetti e Majakovskij? Loro sì che avrebbero vivacizzato questo balletto.   

Lui — Sì, ma c’è poco da stare allegri, quando si arriva alla violenza.

Lei — Ho capito: hai voglia di dirmi la tua teoria in proposito; ma fai presto per favore, perché stasera debbo finire di scrivere una relazione.

Lui — Sarò brevissimo. Il marxismo è stato la più grande eresia giudaico-cristiana dei tempi moderni. La sua decadenza ha creato una generazione di orfani intellettuali, che si sono consolati con le rivoluzioni soft: ecologia, femminismo, post-umanesimo robotico, ossessione dell’identità sessuale, eccetera.



Lei — Ho capito, ti riferisci alla tua solita bestia nera: la correttezza politica.

Lui — In verità, sto parlando di qualcosa di più. Quando il Nuovo Ordine Mondiale del Pensiero Unico, cioè l’ordine mondiale della politica alla moda, dei media, delle università, si sente minacciato, allora si mette a combattere con le unghie e coi denti. Il potere delle parole ha essenzialmente la stessa natura del potere economico e militare (le parole sono pietre, ha detto uno scrittore italiano), e quando appare sulla scena qualcuno che dice parole diverse, costui rappresenta una minaccia che dev’essere neutralizzata.

Lei — Guarda, per me la bestia nera lo sai bene chi è, e il suo covo è la Casa Bianca.

Lui — Vedi come sono trascinanti e pericolose le metafore? Segui la pista di una metafora, e prima poi senti l’odore del sangue.

Lei — Cosa vuoi dire, con questa frase che spero sia soltanto poetica?

Lui — Guarda, io non so cosa sia poetico e cosa no. Quello che so è che ognuno di noi ha la sua  teoria — la teoria inespressa, la teoria di cui vive — una teoria che non è affatto astratta perché fa corpo con il suo corpo, e la sua anima. E presto o tardi può capitare l’occasione in cui il teorico anti-teorico si sente pronto a dare testimonianza con, appunto, il suo corpo, senza tante belle parole.

Lei — Beh, dopo queste frasi rassicuranti, ti auguro una buona serata.

Lui — Concedimi un momento soltanto: propongo un brindisi alla pace.