Il problema della “falsa informazione” che tormenta il pubblico dibattito dei nostri giorni e che è stato additato come causa di alcuni “disastri politici” — come il voto a favore del Brexit nel Regno Unito o l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti — non è decisamente una novità. Si tratta di un problema nato con la filosofia.



Nel 360 a.C., Platone nel Sofista già si preoccupava di questo: il ragionamento sofistico, popolare ai suoi tempi, è un “apparire, sembrare ma non essere”. E continua definendo la sofistica come “l’imitazione dell’arte di contraddizione, parte simulatrice dell’opinione, del genere che crea apparenze che deriva dalla capacità di creare immagini, che è parte umana e non divina dell’arte del creare, la parte cioè che crea meraviglie nei discorsi”. Platone trovò una sua soluzione nella ridefinizione dell’essere e del non-essere.



All’incirca nello stesso periodo, dall’altra parte del mondo, Confucio, preoccupato del crollo dell’antico ordine morale, sociale e politico, era alle prese con la medesima questione. I concetti, rappresentati nelle parole, avevano perso il significato che esprimevano in passato; il padre non era più padre, il figlio non si comportava più da figlio. La soluzione da lui proposta fu una “rettificazione dei nomi”: una correzione dei termini in modo che essi corrispondessero nuovamente alla realtà presente, rendendo così possibili la reciproca comprensione e l’agire.



In Grecia, la sfida scaturì dall’emergere di una nuova classe mercantile che stava distruggendo il vecchio ordine aristocratico, in una città un tempo incentrata sul culto degli antichi dei e il predominio di Sparta sulle altre Polis. In Cina fu l’ascesa di singoli stati distaccatisi dall’organizzazione dell’Impero Zhou, che creavano nuovi centri di potere in competizione gli uni con gli altri e l’ascesa del potere autocratico di un sovrano contro le prerogative della vecchia aristocrazia.

In entrambi i casi, sofismi e nomi non più corrispondenti alla realtà accompagnarono e incoraggiarono il crollo dell’ordine costituito. In entrambi i casi la soluzione fu, alla fine, la costituzione di un nuovo ordine imperiale.

In Grecia, la conquista macedone e la fondazione di regni ellenistici che si estendevano fino all’India posero fine ai battibecchi e alle lotte intestine delle città greche indipendenti, per mezzo di una nuova forma di conoscenza che si basava sull’organizzazione aristotelica del mondo. In Cina, l’unificazione dell’Impero Qin, basato sulla massiccia sistematizzazione della conoscenza e della burocrazia, pose fine per secoli agli accesi dibattiti dell’epoca.

Oggi siamo forse in una situazione simile. Il problema vero non è costituito da termini non corrispondenti alla realtà o da sofisti che ingannano con le loro chiacchiere; queste cose sono in giro da secoli. La vera domanda è perché i media mainstream, che per lungo tempo sono stati il canale preferenziale della “verità” intesa come visione della realtà generalmente accettata, hanno perso di popolarità.

La risposta è semplice ed è la medesima dei tempi antichi: si usa una terminologia incorretta e si crede a discorsi sofistici perché i vecchi termini e i vecchi discorsi non rappresentano più la realtà per quello che è. I media mainstream erano contro il Brexit e contro Trump, e tuttavia questi hanno entrambi vinto, il che rende evidente il fallimento della credibilità dei media. Naturalmente c’è anche da considerare la loro perdita di monopolio sull’informazione. A parte gli strumenti tradizionali, come tv e giornali, oggi le piattaforme internet forniscono nuovi strumenti per la comunicazione. È un nuovo mondo.

Con la globalizzazione iniziata dopo la caduta dell’impero sovietico, miliardi di persone sono uscite dalla miseria, e queste, sommate a quelle del mondo sviluppato, si sono riversate nel regno di internet. I nuovi “non poveri” dei paesi in via di sviluppo costituiscono già la nuova classe media che sta mutando i modelli di consumo e produzione del pianeta. Questa massa di individui senza precedenti è risucchiata nel nuovo universo connesso di Internet, dove poche aziende, principalmente americane (Google, Facebook, Amazon e Apple) o cinesi (Alibaba e Tencent), dominano la scena e stanno generando una nuova rivoluzione industriale.

I dati, forniti spontaneamente dai compratori, creano nuovi beni di consumo che stanno rivoluzionando ogni cosa: automobili senza conducente, droni intelligenti che portano i prodotti acquistati online direttamente sulla porta di casa, stampe 3D che stanno trasferendo le fabbriche negli uffici, eccetera.

Non si tratta semplicemente di una questione di strumenti, ma di come la realtà viene presentata. I media mainstream discutono gli uni con gli altri dimenticando che ci sono nuovi media in cui nuove persone trovano voce tramite strumenti di comunicazione con barriere di accesso limitate o inesistenti. E queste nuove voci rappresentano una nuova realtà sfuggita ai radar di controllo culturale per circa 25 anni.

La fine della Guerra fredda non ha portato a un mondo unificato sotto il controllo di un’America vittoriosa e della sua ideologia del libero commercio. Ha portato a un mondo caotico dove le distinzioni tra destra e sinistra risalenti alla Rivoluzione francese non valgono più.

In Italia il primo segnale di questo cambiamento è stata la salita al potere di Silvio Berlusconi. A quel tempo, all’inizio degli anni 90, il fenomeno Berlusconi era considerato un’eccentrica eccezione. Ma ora, dopo i precedenti di Thaksin Shinawatra in Tailandia un decennio dopo, e oggi con l’elezione di Trump negli Stati Uniti, è evidente che Berlusconi fu il primo segnale di una nuova direzione politica a livello mondiale che nessuno inizialmente aveva preso sul serio. Il crollo dell’Urss, ora è chiaro, non ha portato all’espansione incontrollata del mondo occidentale, e il principale concorrente dell’America non è stata l’Europa con la sua ambizione di diventare un’entità politica unificata.

La nuova realtà a emergere è stata l’Asia, guidata dal nuovo dinamismo della Cina; e la diffusione della violenza estremista islamica, caratterizzata da atti terroristici che nascono con il radicalismo occidentale dell’800 e ‘900. In entrambi i casi, l’Occidente ha diffuso le sue idee — l’imprenditorialità in Asia e il terrorismo nel mondo islamico – ma non ha compreso che questi sviluppi, una volta messi nelle mani di altri popoli, avrebbero potuto assumere forme diverse e si sarebbero potuti rivoltare contro l’Occidente stesso.

Ciò non è meramente un problema internazionale; tocca la vita della gente comune in ogni paese, specialmente gli Stati Uniti e l’Europa, che prima controllavano il mondo con le vecchie regole. Influenza la vita di tutti i giorni, ad esempio con il fenomeno dell’immigrazione o il terrorismo proveniente dal mondo musulmano, e con l’importazione di beni a basso costo e investimenti stranieri dalla Cina e dall’Asia. 

In questa situazione, come in passato, o nuovi poteri entrano in gioco a guidare un ordine nuovo, o l’ordine precedente deve trovare la forza di rinnovarsi profondamente. Un drastico superamento dell’ordine presente sarebbe più pericoloso e costoso in termini di guerre e distruzione rispetto a una riforma del vecchio ordine, e per questo forse un approccio conservativo causerebbe meno danno a tutti.

(1 – continua)