Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno di qualcosa gli rendo il quadruplo” (Da Luca 19, 1-10).

Zaccheo era uno che quando parlava di soldi non parlava “tanto per dire”. Era senz’altro sicuro – contabilmente sicuro! – di quel che diceva. Ma, allora, come faceva, dopo aver dato metà dei suoi beni ai poveri, a ridare il quadruplo alle persone frodate? Da dove avrebbe potuto prendere tutti quei soldi? Facciamo il caso che aveva frodato 100. Dovendo restituire il quadruplo l’uscita per lui sarebbe stata di 400. Nell’ipotesi che non abbia tenuto nulla per sé (non abbiamo notizie al riguardo), questo 400 è la metà che gli rimane dopo aver dato l’altra metà ai poveri. Quindi il patrimonio di Zaccheo è 800. Ma se ha rubato 100 come è arrivato a 800? 



Innanzitutto: con quale criterio stabilisce di ridare il quadruplo? Non è un’esagerazione? Evidentemente, da buon “economista”, Zaccheo considera che, quando toglie 100, al defraudato toglie anche tutto ciò che da quei 100 avrebbe potuto ricavare (investendoli, dandoli ai banchieri, comprandosi un attrezzo o un campo da mettere a coltura). Egli sa – da buon speculatore – che è giusto ridare più di 100. Questo è anche un indizio sulla provenienza dei suoi soldi: nelle sue mani 100 diventa almeno 200. Oltre a ciò, essendoci stata una frode – magari quei soldi servivano per curare un figlio malato e sono stati anche estorti – Zaccheo vuole indennizzare le vittime. Lesto nel fare i conti stabilisce che occorre dare quattro volte tanto.



Ma, ancora, se lui ha frodato accaparrandosi 100 e questi 100 nelle sue mani sono diventati – da buon speculatore – diciamo 250 (per stare larghi), come fa a ridare 400 per pagare l’indennizzo? Non può usare i soldi frodati per rimborsare i defraudati! Così non arriverebbe mai a pagare tutti, se non facendo nuove frodi! Ne deve conseguire che non tutti i suoi averi sono frutto di frode. Zaccheo ha del suo, del denaro che possiede giustamente, da cui può attingere per effettuare l’indennizzo.

Quest’ultima considerazione è ulteriormente corroborata dalla dichiarazione di dare la metà dei suoi beni ai poveri. Possiamo plausibilmente pensare che questa metà del suo patrimonio fosse il frutto di frodi? Sarebbe caduto, uno come Zaccheo, vittima della facile obiezione: “Bella generosità… Dai ai poveri ciò che hai rubato!”?  Anche sotto questo aspetto Zaccheo ha fatto bene i suoi calcoli: quel che è frutto di frode lo mette a posto restituendo il quadruplo; quel che dà ai poveri è un vero dono, è un vero auto-espropriarsi. Sono soldi non frutto di frode, ma del suo lavoro, dei suoi investimenti, della sua giusta speculazione. Proprio perché sono suoi, giustamente suoi di fronte a Dio (che aveva innanzi a sé!), li “dà” e non li “rende”.



Conclusione: grazie Zaccheo e grazie Gesù, per il quale su questa terra c’è un posto anche per gli speculatori.

P.S.: E guarda un po’ come continua il Vangelo: “Mentre essi ascoltavano queste cose, Gesù aggiunse una parabola… Un uomo nobile se ne andò… Chiamati dieci suoi servi… diede loro dieci mine e disse loro: fatele fruttare fino al mio ritorno…” (Luca 19). Buon proseguimento di lettura.