Lo leggi e ti sembra che vivere, in fondo, può anche essere semplice. In questi tempi confusi e difficili, Giovannino Guareschi, uno degli autori italiani più tradotti al mondo, continua a essere un faro per molti. Appassionato indagatore dell’animo umano, il papà di don Camillo e Peppone, in realtà non ha creato i suoi — tanti — personaggi, ma li ha “inventati dal vero” (copyright del figlio Alberto Guareschi), cioè incontrati e poi raccontati.
Dal 2011 l’opera dell’autore di Fontanelle di Roccabianca (provincia di Parma) è divulgata nella collana “Don Camillo a fumetti” (ed. Renoir Comics), considerata dagli eredi dello scrittore più fedele all’opera paterna dei film, che comunque hanno fatto la storia del cinema. La serie della Renoir è reduce dal Cartoon Club di Rimini, dove ha ricevuto il premio “Fede a strisce”, dedicato alle opere a fumetti di ispirazione cristiana, riconoscimento che bissa il premio “Mondo Piccolo” insignito alla collana dal Gruppo Amici di Giovannino Guareschi nel mese di maggio.
Questa la motivazione: “Don Camillo è irruento, sanguigno, a volte esageratamente irascibile, ma è profondamente sacerdote, pastore e uomo. Un fumetto che riesce a trasmettere tutto questo merita di vincere”. Una spiegazione che da sola dice quanto la dimensione religiosa sia parte integrante di un umano vissuto appieno. Ilsussidiario.net ha incontrato Davide Barzi, autore e curatore della collana.
Religione e fumetti: un nuovo modo per cercare di fare tornare le persone in chiesa?
In realtà, il rapporto tra fumetto e religione non è affatto nuovo. Il Giornalino, storico periodico per bambini delle edizioni San Paolo, è nato nel 1924 e ha visto tra i suoi autori alcuni tra i più importanti fumettisti italiani. Anche a livello internazionale, un po’ ovunque i cartoon hanno affrontato il rapporto con il sacro. Se vogliamo fare un ulteriore salto indietro nel tempo, l’associazione immagine-testo è già presente in molti affreschi sacri nelle nostre chiese, con quelli che possono essere considerati dei precursori dei ballon, i filasteri: appaiono come dei fili di fumo, disegnati vicino alla bocca dei personaggi, in cui è inserito un testo, ad indicare le parole loro attribuite.
Cosa offre di particolare il fumetto?
Permette di educare con leggerezza. E’ linguaggio popolare per antonomasia. Il termine “nazionalpopolare”, che oggi è diventato quasi una parolaccia, è stato creato da Antonio Gramsci con accezione positiva: riguardava il recupero delle tradizioni, di un patrimonio culturale comune che, in qualche modo, storicamente, lega le popolazioni. E’ quel profondo sentire comune su cui lavora Guareschi.
Sentire comune, ma anche molto personale, come i colloqui col Cristo crocefisso che, come disse Guareschi, era il Cristo della sua coscienza…
L’idea di far parlare, a suo rischio e pericolo, il crocefisso, a suo tempo creò non pochi problemi nei cattolici più intransigenti. Ma Giovannino, come sappiamo, tirò dritto, senza sconti a nessuno. Quello che ci proponiamo è far passare i contenuti guareschiani, compreso il suo sentimento del sacro, con la sua ironia e leggerezza, ma anche con il suo modo molto diretto. Il nostro tentativo è rendere popolari, senza banalizzarli, i grandi temi che sottostanno i racconti di Guareschi — alcuni “altissimi”, altri molto umani — e di farlo con il suo stile, mai pedante.
A proposito di “senza sconti a nessuno”: anche lui pagò un certo ostracismo…
Sì, anche dal punto di vista del riconoscimento della sua opera. Quando iniziarono a lavorare sugli adattamenti cinematografici, i registi nostrani in voga, per lo più schierati a sinistra, rifiutarono di prendere in mano questo materiale che “puzzava di chiesa”. Guareschi era guardato da lontano e con sospetto.
Cosa successe poi?
E’ stato riscoperto dopo la morte, e sdoganato anche dagli ambienti di sinistra, direi a partire dall’edizione di don Camillo inserita nella collana “La biblioteca di Cuore” e allegata al settimanale satirico nel 1994. Una bella introduzione di Michele Serra e le illustrazioni di Gipi iniziarono a far capire quanto le barricate fatte da sinistra nei confronti di uno dei più importanti scrittori del dopoguerra italiano fossero davvero fuori dal tempo. Poi arrivano anche altre voci autorevoli a riposizionare Guareschi come patrimonio letterario comune, a partire da Alessandro Baricco.
Perché i fumetti vengono considerati (innanzitutto dagli eredi Guareschi) più fedeli ai racconti originali che non i film?
Innanzitutto i film considerano solo alcuni racconti, i più facili da gestire sotto molti punti di vista, politico, etico, tematico, rendendo i racconti più che altro una commedia. Per carità, una commedia che ha fatto la storia del costume, ma che non ha lasciato passare tutto lo spessore della prosa guareschiana. Invece noi stiamo adattando cronologicamente, uno ad uno, tutti i 346 racconti. Abbiamo già presentato anche tutti quelli che fanno parte del Mondo Piccolo ma in cui don Camillo e Peppone non ci sono. La maggior parte dei racconti non compare nei film, ma tutti compariranno nei fumetti. Nel numero 13 abbiamo invece iniziato a pubblicare le storie del Corrierino delle famiglie dal primo episodio.
A parte la completezza, cosa manca nei film?
Già Giovannino Guareschi a suo tempo era contrariato dal fatto che il cinema avesse appiattito così tanto le vicende da lui narrate. I suoi racconti, infatti, includono anche tanti temi duri e scomodi, come la vendetta, il conflitto tra vincitori e vinti dopo la guerra, la mortalità infantile, il dolore, la fatica. Ma soprattutto ha raccontato l’uomo in tutte le sfumature di cui è fatto, con personaggi brutti, cattivi, sgradevoli, pieni di errori, ma lo ha fatto cercando di capirli a fondo: quali sono le loro motivazioni, cosa li porta ad essere quello che sono.
Una lezione che sarebbe utilissima anche oggi…
E’ stato un grandissimo analista della profondità umana. Per lui la realtà non è mai bianca o nera, ma è fatta di sfumature, è composita. E’ vero, anche questo è un grande punto per l’oggi: quanto abbiamo bisogno di fermarci a capire, approfondire, anziché dare per scontato quello che sappiamo già. Anche di conoscere chi ci sta di fianco, cosa che oggi non è per nulla scontata.
Il premio che avete appena ricevuto è un altro esempio del fatto che l’opera di Guareschi rimane attuale, nonostante sia ambientata nel dopoguerra. Qual è secondo te il suo segreto?
Il suo essere fortemente ancorato alla terra e all’umano. In un momento come questo in cui si fa fatica ad avere dei punti di riferimento, valori solidi, o anche solo rapporti di cui fidarsi, tu leggi Guareschi e pensi: forse vivere è più facile di quanto pensassi. Guardi quello che propone lui, il legame profondo che mostra di avere con la sua terra e con le persone che stanno intorno, e ti sembra di poter vivere con più soddisfazione, tu e le persone che ti stanno attorno.
Com’è nata l’idea di rendere Guareschi in fumetti?
Giovanni Ferrario, l’art director di Renoir Comics, ebbe l’idea e mi contattò in quanto autore. Lavorammo con i disegnatori e portammo i primi studi ad Alberto e Carlotta, i figli di Guareschi. Loro si portavano dietro tutto un comprensibilissimo storico di scetticismo dovuto a degli adattamenti che in diverso modo banalizzavano il lavoro del padre. Da subito sono però stati entusiasti del nostro lavoro e ancora adesso Alberto per noi è un supporto fondamentale.
Dal punto di vista iconografico vi siete ispirati ai film?
Io ho completamente ignorato i film per non farmi condizionare. Li ho visti da bambino, ma da che mi sono dedicato a questo progetto non li ho più guardati. Qualcuno mi ha fatto notare che alcuni episodi sono raccontati come nei film, ma questo dipende dal fatto che i racconti originali contenevano elementi così funzionali che sia io sia gli sceneggiatori del film ci siamo attenuti al testo originale che non aveva bisogno di grosse trasformazioni.
Come sono i vostri don Camillo e Peppone?
I personaggi li abbiamo ricreati pensando a Guareschi: il nostro Peppone è Guareschi stesso, in omaggio al fatto che aveva provato ad interpretare Peppone nei film (ma poi non se ne fece nulla perché non era un attore). Il nostro don Camillo invece è un mix di suggestioni, ma parte dal Guareschi giovane senza baffi. Tutto ciò nel rispetto del fatto che Guareschi diceva che don Camillo e Peppone erano due lati della sua anima (a proposito del fatto che non concepiva la realtà in bianco e nero…).
Chi sono i vostri disegnatori?
Quello dei disegnatori è uno staff in continua crescita e ricambio, anche nel senso che facciamo da palestra a molti giovani. Negli ultimi anni sono abbastanza regolari nomi come Francesco Bisaro e Alberto Locatelli. Gli storici con cui siamo partiti sono Sergio Gerasi, Elena Pianta, Wermer Maresta ed Ennio Bufi, che è anche il nostro copertinista. Abbiamo avuto anche Claudio Villa (copertinista e disegnatore di punta di Tex) e Giampiero Casertano che è uno dei più importanti disegnatori di Dylan Dog.
(Silvia Becciu)
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Credit per l’immagine: Vignette tratte dall’episodio 15, “Delitto e castigo”, pubblicato nel volume 2 della collana “Don Camillo a fumetti”, “Ritorno all’ovile”. Sceneggiatura di Davide Barzi dal racconto originale di Giovannino Guareschi, disegni di Sergio Gerasi, chine e grigi di Matteo Mosca. Prima pubblicazione del racconto originale: Candido n. 18, 3 maggio 1947.