Ci sono, nella vita di ogni uomo, forze irresistibili che agiscono al di là del nostro controllo, esigenze insopprimibili e temi che appartengono all’immaginario. Uno di questi, fin dall’alba dei tempi, è il tema del viaggio e delle sue infinite sfaccettature. A porsi di fronte alle sue meraviglie e ai suoi misteri è Federico Pace con il suo Controvento (Einaudi, 2017), un testo appassionante e saggiamente strutturato. L’itinerario proposto al lettore, infatti, si dipana attraverso le vicende di celebri personaggi dell’orizzonte culturale europeo e non — Van Gogh, Le Corbusier o Beckett, solo per citarne alcuni — tutti accomunati dall’aver intrapreso, per motivi diversi, un viaggio che ne ha sconvolto l’esistenza. Un viaggio dalle profonde ripercussioni, dunque, che però non per forza viene a coincidere con l’attraversamento di grandi distanze o con l’approdo in sperdute località esotiche: molto di più infatti è compreso sotto la definizione di viaggio.



Ed è proprio qui che sta il fulcro del messaggio che l’autore rivolge ai suoi lettori: non è tanto il movimento che determina la validità del viaggio, bensì lo spirito con cui l’atto di partire è compiuto. Anche fare un solo passo, ci dice Pace, può equivalere ad intraprendere un lungo viaggio. Non, dunque, soltanto spostamento fisico, ma interiore. Creare nuovi legami, compiere delle scelte, aprirsi alla realtà in modo che questa penetri in profondità e mostri le sue bellezze nascoste: è questo il vero significato del viaggiare.



Gettarsi a capofitto in un viaggio, poi, crea quello splendido alone di magia che Controvento sa restituire al lettore con tutta la sua forza: nel ripercorrere le tappe delle vita altrui si finisce per rivivere la propria. Un viaggio nel viaggio, si direbbe. Nonostante le distanze geografiche e temporali dei personaggi del libro, si ha la sensazione che tutti, e noi lettori con loro, nel cercare ognuno la propria strada, finiscano per convergere nella stessa direzione. Si ha la sensazione, parafrasando un pensiero di Le Corbusier espresso nel testo, che “tutti i viaggiatori siano assillati da un sogno, da un’aspirazione, da una follia”.



Follia, quindi. Ma anche una buona dose di coraggio. Coraggio di dirigersi verso l’ignoto per giungere, infine, a scoprire se stessi. A scoprire che le cose possono accadere solo se ci si mette in gioco per ottenerle. E’ tramite questo processo che si arriva a comprendere che la parte più nascosta del nostro essere può essere svelata solo tramite il confronto con qualcosa di più grande. Come Frida Kahlo, che attraversa il confine tra Stati Uniti e Messico immersa in una violenta tempesta per giungere al capezzale della madre gravemente malata; oppure come Gabriel García Márquez che, da ragazzo, decide di interrompere la vacanza coi genitori per percorrere, lungo la catena delle Ande, il selvaggio Sud America abbracciato ai suoi lati da due oceani (un paesaggio che avrebbe poi fatto splendidamente capolino nelle sue opere).

Dotato di una scrittura densa e concisa, Controvento sembra proprio ricalcare quell’assunto calviniano secondo cui l’uomo, in mezzo alle trasformazioni del mondo, non può far altro che proseguire anch’egli trasformandosi. Nel caso dei personaggi di Pace, su di una barca, un treno, una moto, un’automobile. Tutti mezzi che permettono al viaggiatore di assaporare fino in fondo il passaggio verso il nuovo. In un processo in cui la vita finisce per coincidere col viaggio e con le sue tappe, è forse la curiosità del ricercare lo scopo ultimo di un viaggio? E’ forse per il cercare in sé che siamo disposti a inoltrarci nelle profondità di una foresta o delle sconfinate terre russe (come il compositore Dmitrij Sostakovic) e al contempo in quelle del cuore? E’ forse per renderci conto che gli uomini condividono una sorta di istinto genetico che li porta a desiderare il confine inesplorato? E’ forse per capire che l’autenticità delle cose si trova al di là delle nostre esitazioni?