E’ giusto utilizzare il termine “islamo-fascista” relativamente agli attacchi perpetrati dagli jihadisti in Europa? Il dibattito sul termine è molto attivo soprattutto in Francia, uno dei paesi più duramente colpiti in assoluto dalla furia del terrorismo islamico. Alain Marsaud si è infervorato attorno a questo tipo di terminologia: “Da nessuna parte, da nessuna fonte abbiamo sentito parlare di islamofascismo”, ha protestato l’ex capo del servizio centrale antiterrorismo nonché procuratore di Parigi, durante un apparizione televisiva. “Se abbiamo paura di nominare il nemico, rischiamo di non vincere questa guerra”. Secondo Marsaud, i giornalisti nella copertura mediatica degli attacchi a Barcellona e Cambrils non sono stati efficacemente espliciti nel dare una definizione dei terroristi, non definendo di fronte all’opinione pubblica quelli che per lui sono a tutti gli effetti degli “islamo-fascisti” e che vanno trattati come tali, refrattari ad ogni libertà individuale e alla democrazia.



LA DEFINIZIONE NASCE IN AMERICA

Di fronte a Marsaud nel dibattito televisivo c’era la giornalista Anthony Bellanger: “Tutti sanno che questi sono attacchi islamici”, ha risposto. Un’argomentazione che non è stata sufficiente per Marsaud, che di fatto ha lasciato lo studio televisivo ritrovandosi in completo disaccordo visto che a suo parere non si deve parlare di “islam” in termini sempici, ma di fascismo islamico vero e proprio, strutturato ormai come una vera e propria corrente politica e sociale degli integralisti islamici. Non è d’altronde Marsaud ad aver inventato la terminologia che nasce addirittura nel 1990 dalla penna dello storico scozzese Malise Ruthven, sulle colonne del quotidiano britannico The Independent, in cui ha paragonato l’autoritarismo di Mussolini e dei capi di Stato dei paesi arabi. Il termine è più ampiamente utilizzato dopo l’11 settembre 2001 e l’attacco al World Trade Center. Molti editorialisti americani hanno poi usato la formula, prima che venisse ripresa dal presidente degli Stati Uniti George W. Bush, nell’agosto del 2006, in un discorso.



I FASCISMI NELLA STORIA

Il dibattito sul cosiddetto “fascismo islamico” si è poi ulteriormente allargeto: “E ‘un ragionamento che è stato un cavallo di battaglia per i neocon americani” ha affermato a L’Express Francois-Bernard Huyghe, direttore di ricerca presso l’Istituto di relazioni internazionali e strategiche (IRIS). “Gli americani ritengono di aver vinto tre guerre contro tre tipi di fascismo diversi: nel 1918, il 1945 e poi alla fine della guerra fredda nel 1991. Quindi, questa nuova guerra che ha svelato il volto del terrorismo islamico è stato per loro automaticamente come affrontare un altro fascismo.” Il terrorismo islamico viene definito, dunque, dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, il fascismo verde o islamico. In Francia, l’uso di questa formula è stato marginale fino al 2015. Un mese dopo gli attacchi che hanno colpito Parigi, il primo ministro Manuel Valls ha invitato la comunità internazionale a fare una “guerra” contro il fascismo islamico. Utilizzando dunque un vocabolario precedentemente riservato all’ala conservatrice in Francia, anche se a volte è stato preferito il termine “nazi-islamismo”.



USARE LE DEFINIZIONI GIUSTE

Ma è veramente importante associare due termini così significativi? Secondo François-Bernard Huyghe, parlare di “fascismo islamico”: “Nega le enormi differenze ideologiche tra fascisti e terroristi islamici”. “C’è un fascismo, nato con Mussolini, che si basa sull’imposizione di un potere secolare, con un leader carismatico alla guida. Poi un altro tipo di fascismo, con i jihadisti di Daesh che vogliono un califfato islamico, con un leader scelto da Dio. Soprattutto, i fondamentalisti non vogliono creare una nuova era, vogliono tornare solo al modo di vivere che risale al settimo secolo seguendo un testo religioso “. Dunque differenze sostanziali molto importanti, ma l’IRIS conviene su alcuni punti di contatto tra fascismo ed integralismo islamico: l’uso di violenze estreme, la discriminazione contro altre popolazioni… questi punti di contatto sono però inferiori alle differenze. Spiega Huyghe: “Il mondo non si divide solo in fascismo e non-fascismo: la minaccia terroristica va ben definita con le parole, per poter essere combattuta meglio.”