Han Kang, intervistata dal Corriere della Sera, racconta il suo ultimo lavoro letterario. La violenza per lei, in questa epoca è diventata parte integrante del mondo: “Non solo una prerogativa della Corea”, afferma. “Atti umani” è il titolo del suo nuovo romanzo, che uscirà il prossimo 14 settembre. Probabilmente, tra gli atti umani più estremi ed incomprensibili, ci potrebbero essere anche le minacce di Kim Jong-un, che si “avvinghiano” violentemente a quelle di Donald Trump. Il suo romanzo parlerà del “prima dopo e durante”: del massacro di Gwangju, dal 18 al 27 maggio 1980. La famosa autrice nota anche per “La vegetariana” (vincitore nel 2016 del Man International Booker Prize), confessa che ad ottobre tornerà in Italia. Gwangju fu massacro e rivolta nello stesso momento e lei ha provato a raccontarcelo. Dov’è la dignità dell’uomo? I sentimenti bruti si amalgamano al vano tentativo per la lotta alla sopravvivenza, al rispetto umano. Un’analisi piena di ferite, talvolta indelebile, peggio di un tatuaggio impresso nella pelle in maniera involontaria, senza avere avuto la possibilità di poterlo decidere in maniera autonoma. E così, inevitabile anche il riferimento alle minacce di Kim Jong-un e di Donald Trump: “Per la società coreana la guerra praticamente non è ancora finita”, racconta la scrittrice.



Han Kang, il massacro di Gwangju: nel vivo della ferocia umana

“Si fanno battute o si dicono mezze frasi su una guerra possibile. “Se scoppia, che cosa facciamo?”, cose così. Non la consideriamo una seria possibilità, ma queste uscite nella vita di tutti i giorni dimostrano che la tensione esiste”, racconta ancora Han Kang. Vivere in un mondo violento ci rende per forza di cose più sensibili alla violenza stessa e così, nel tentativo di resettare tutto è nato “La vegetariana”, il precedente libro che ha avuto enorme successo. La scrittrice poi, commuove quasi per le difficoltà nel comprendere appieno lo strano essere umano: “vivo la difficoltà di abbracciare pienamente l’essere umano, la vita. E nel corso della mia opera sono andata sempre più a fondo nel confrontarmi con questa realtà. La prima esperienza che ho avuto con questa questione è stata proprio Gwangju, quando a un’estrema violenza rispondeva la lotta di chi alla violenza si opponeva. E ho cercato di risolvere il nodo”. Dolore e dignità, si fondono insieme ancora una volta, per dare vita alle immagini, anche le più crude: “Ero concentrata sui dettagli. Voglio sentire e far sentire quando scrivo” ha commentato Kang.

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