In via sperimentale, Twitter permetterà messaggi di 280 caratteri, il doppio degli attuali. Secondo alcuni il motivo è economico, perché l’attuale piattaforma non permetterebbe sufficiente pubblicità. Secondo altri si snaturerebbe l’identità del media, a cui deve fortuna. Ma i motivi del successo di un device o di un suo contenuto sono imprevedibili. Se ne possono analizzare i fattori, ma sempre “dopo” e non c’è bisogno di scomodare Kant per ricordare la debolezza dei giudizi a posteriori. In generale quella dei media è storia dall’imprevisto, nei modi e nei tempi. Strumenti che sembravano morti, come la radio, sono vivi e vegeti. Altri che dovevano sfondare languono, ad esempio le Tv 3D. In Italia la fibra ottica è stata lanciata negli anni novanta, ma era troppo presto e il progetto “Socrate” è morto dopo poco. Contenuti frutto di accurati studi di marketing “floppano”, mentre prodotti low budget diventano casi di studio. Molti paesi africani sono passati dal telegrafo ai cellulari, senza sviluppare la telefonia fissa. Difficile dunque dire come sarà accolta questa piccola novità.
Di per sé nella comunicazione il valore non è la brevità, ma la sintesi, perché fa guadagnare qualcosa di nuovo. La sintesi non dipende dal numero di caratteri, ma dalla capacità di fondere il meglio. Ci possono volere le migliaia di pagine di un romanzo o tre versi di una poesia. Fondere è anche “profondare” e Dio ne è il principio. Lo dice (con somma sintesi!) Dante: “nel suo profondo vidi che s’interna, legato con amore in un volume, ciò che per l’universo si squaderna”.
Le parole più belle, poi, sono brevi per essere ripetute, ma senza consumarsi. Ad esempio le preghiere. Ci vuole un’esistenza intera per avvicinarsi a una frase come: “la tua grazia vale più della vita”. Di solito queste parole precedono e seguono il silenzio. Come stampate su grandi pagine bianche. Nella comunicazione sintetizzare è un lavoro, richiede tempo e fatica. Ancor di più per una lingua come l’italiano. Pascal scrisse: “scusa la lunghezza di questa lettera, ma avevo poco tempo” (la frase è attribuita a molti autori).
Molti tweet invece sono corti per essere rapidi, più che per essere significativi. O sono brevi per necessità, perché c’è poco spazio. La banda è scarsa e i messaggi si affollano e si accavallano. Twitter è comunque un bello strumento, soprattutto perché è veloce. Ma rappresenta anche il dramma comunicativo contemporaneo: milioni di persone che parlano, ma senza interlocutore. I follower non lo sono. Anche prescindendo dai contenuti, può diventare una gigantesca cacofonia, lanciata alla deriva del cielo con l’allegria dei pazzi.