Esce il 2 ottobre per Mondadori Ho cercato di scrivere Paradiso, libro-intervista di Alessandro Rivali con Mary De Rachewiltz, figlia e custode delle memorie di Ezra Pound. Il volume, frutto di un lavoro quasi decennale, ci porta dentro l’officina compositiva dei Cantos, forse la più ambiziosa opera poetica del Novecento, e insieme disegna la costellazione intellettuale di Pound.



Alessandro Rivali, già autore di due raccolte poetiche molto apprezzate, La riviera del sangue (2005) e La caduta di Bisanzio (2010) non è nuovo alla forma del libro-intervista, già praticata con Maestro in ombra (2013), colloquio con Giampiero Neri: una formula che può essere bene adatta al nostro tempo liquido e molto rapido.



Ho cercato di scrivere Paradiso non è solo un viatico per entrare dentro la vita di uno scrittore — una formula sempre vincente —, ma ha il merito di liberare Pound, ancora relativamente poco noto in Italia, da molte sovrastrutture e pregiudizi. Spesso si è fatto riferimento al suo presunto credo politico, magari anche alle sue teorie economiche, sempre etichettate come eretiche, o, se vogliamo essere più benevoli, come utopiche. Ma chi ragiona così, in modo schematico e inadeguato a cogliere la ricchezza della sua riflessione e della sua lirica, dimentica che l’opera maggiore di Pound, i Cantos, è un vertice indiscusso della poesia del Novecento. Pound, infatti, cercava una nuova epica che potesse accogliere il latino e il greco, gli ideogrammi come gli spartiti musicali, e che fosse lo strumento per parlare di tutta la storia del mondo, dagli Stati Uniti alla Cina; insomma, voleva in fondo riprendere il discorso che si era interrotto con Dante e ambiva, come l’Alighieri, a scrivere un’opera in cui fosse ricompresa tutta la realtà, tutta la Storia, tutta la Bellezza e tutti gli abissi di cui è capace l’uomo.



Questo volume, si diceva, ha una genesi molto lunga. Rivali intervistò anni fa la figlia di Pound, Mary de Rachewiltz, nel castello di Brunnenburg (Tirolo), da lei riportato a nuova vita nel secondo dopoguerra insieme con il marito, l’egittologo Boris de Rachewiltz. E quell’intervista produsse un seme: l’idea di dedicare un intero volume a Pound, rievocato e fatto rivivere nelle parole della figlia, che al poeta e alla sua opera ha dedicato tutta la sua esistenza. Infatti, è proprio a Brunnenburg, da Mary, che si rifugiò Pound nell’estate del 1958, al rientro in Italia, dopo anni di detenzione nel manicomio criminale del St. Elizabeths di Washington, dove era stato imprigionato dal governo statunitense con l’accusa di tradimento, benché, va ricordato, il processo non fosse mai stato celebrato e a suo carico non fosse stata emessa nessuna sentenza di condanna. E se Pound, il poeta, uno degli ultimi che si possono definire poeta-vate, è un personaggio degno di un romanzo, romanzesca è, in fondo, anche la figura della figlia Mary, che iniziò a tradurre i Cantos all’età di 14 anni e ha letto praticamente tutto quanto sia stato scritto sul padre.

Con Ho cercato di scrivere Paradiso, Rivali ci fa quindi conoscere un colosso del Novecento, difficilmente incasellabile in una definizione, uno degli autori che, forse più di ogni altro negli ultimi decenni, ha provato a riscoprire un Eden, capace, almeno in parte, di salvarci e di donarci un poco di respiro, fuori dal nostro mondo così rapido, così superficiale e, spesso, violento.

Il presente volume vuole allora essere un invito a riscoprire, o a conoscere tout court, questo autore, “Perché — dice Rivali — nei suoi Cantos ci sono alcuni dei versi più belli della letteratura del Novecento”, ma anche “perché la sua poesia ha un respiro dantesco, mentre la nostra tradizione ha privilegiato una via petrarchesca, che ormai è esangue, perché Pound ha cercato di donare una nuova vita all’epica”. Inoltre, è anche innegabile che la critica poundiana alle distorsioni della finanza internazionale è stata profetica.

La passione per la storia, o meglio, per la Storia del Novecento, e non solo, pervade tutta la produzione di Alessandro Rivali, variamente declinata: come riflessione sulla grande Storia, quella che si snoda attraverso collassi e tracolli di civiltà, come nella Caduta di Bisanzio, come attenzione alla storia tragica delle guerre e dei conflitti, o alla storia personale di ciascuno, cioè al racconto della sua vita. Meglio ancora se la seconda rientra nella prima e se ne innerva, come nelle due raccolte di lettere di Eugenio Corti curate per Ares rispettivamente nel 2015 e nel 2017. E chi sa che cosa potremo scoprire quando, finalmente, vedrà la luce l’altra grande raccolta poetica su cui Rivali è al lavoro da anni, La terra di Caino, dominata dalla figura di un Caino dai tratti diversi rispetto all’idée reçue, non tanto il violento che si scaglia contro il fratello, quanto l’uomo che vagabonda schiacciato dal rimorso per quanto ha compiuto, un Caino in perenne ricerca del Padre, che ha molta nostalgia dell’Eden.

In attesa di questo Caino inedito, leggiamo di Pound e della sua ricerca per “scrivere Paradiso”.