Aut lux hic nata est aut capta hic libera regnat (O la luce è nata qui oppure, fatta prigioniera, qui regna libera): sono le parole che un ignoto poeta latino del V secolo ha lasciato scritte nel vestibolo, decorato a mosaico, della Cappella Arcivescovile di Sant’Andrea a Ravenna. In effetti i mosaici fanno di questa antica città “una visione profetica di ciò che sarà il mondo quando il Cristo avrà finito di salvarlo, un mondo riconciliato, trasfigurato dalla luce, che è il colore della carità divina” (André Frossard, Il Vangelo secondo Ravenna, ed. francese 1984). E Frossard, il grande convertito amico di Giovanni Paolo II, aggiungeva: “Se il vostro destino eterno vi interessa, andate a Ravenna. Esso sta scritto sui muri”.



Negli anni in cui visse alla corte di Guido Novello Da Polenta e verosimilmente anche in precedenti visite, Dante poté vedere lo splendore dell’arte musiva delle imponenti basiliche di San Vitale, di Sant’Apollinare Nuovo e Sant’Apollinare in Classe, del Mausoleo di Galla Placidia, dei due Battisteri, Neoniano e degli Ariani, nonché di altri edifici sacri oggi purtroppo perduti. Anche a lui dovettero fare un’impressione non diversa da quella provata dal grande scrittore francese, al punto da lasciare un segno nella Divina Commedia, e in modo particolare nella cantica del Paradiso, costituendo una notevole fonte di ispirazione, come hanno documentato già dal secolo scorso numerosi studi e come vuole testimoniare ora la mostra “La bellezza ch’io vidi…” (Paradiso XXX, 19). La Divina Commedia e i mosaici di Ravenna”, aperta nel complesso espositivo di Sant’Apollinare Nuovo.



Le sue origini sono tuttavia lontane e impensate. La mostra nasce infatti nel 2004 sui banchi di scuola, ad opera di studenti di un istituto tecnico statale di Ravenna, quando l’insegnante di italiano, provocata dalla lettura del Vangelo secondo Ravenna di André Frossard, propone ai suoi studenti di realizzarla, unendo lo studio della Divina Commedia al testo dello scrittore francese. Quel semplice lavoro didattico, ma fatto con tanta passione e nato dall’entusiasmo della “prof” per la nascente esperienza di “Dante in rete”, una libera aggregazione di docenti impegnati a valorizzare l’opera di Dante nelle scuole, ora è diventato una grande mostra, promossa dall’Arcidiocesi di Ravenna-Cervia in collaborazione con “Dante in rete”, in vista del settimo centenario della morte del Poeta (2021).



Scrive Dante in Purgatorio XIV 148-151: “Chiamavi il cielo e intorno vi si gira/ mostrandovi le sue bellezze etterne,/ e l’occhio vostro pur a terra mira”. Mentre noi continuiamo a tenere gli occhi a terra, a vedere solo il brutto, il male, la disperazione, il caos, la bellezza ci chiama al cielo: è la via pulchritudinis, la via della bellezza di cui hanno ricordato l’importanza papa Paolo VI, papa Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI e papa Francesco. Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione (Paolo VI). L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto (Benedetto XVI). L’arte, delle immagini e delle parole, può farsi portatrice di bellezza, può annunciarla, farla vedere. E se noi la guardiamo con gli occhi del corpo e con gli occhi dell’anima, con quello sguardo intenso con cui guarda Dante, allora faremo esperienza della bellezza, che è splendore di verità.

Chi ha ideato e realizzato la mostra ha desiderato garantire un rigore scientifico ai contenuti presentati, e per farlo ci si è affidati agli studi e alla diretta collaborazione di due docenti dell’Università di Bologna, Laura Pasquini, autrice del saggio Iconografie dantesche, e Giuseppe Ledda, autorevole dantista. Come commento ai versi della Commedia e alle splendide riproduzioni dei mosaici collegati è stato scelto, di conseguenza, il testo della professoressa Pasquini, integrato da brani tratti dal Vangelo secondo Ravenna di Frossard. Ciò con la consapevolezza che le splendide basiliche o gli altri edifici abbelliti dai preziosi mosaici, non sono solo monumenti proclamati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, ma molto di più: una grande testimonianza di fede, una provocazione lanciata, ininterrottamente da millecinquecento anni, ai milioni di visitatori o pellegrini che lungo i secoli hanno varcato la soglia di quegli edifici; un invito a sollevare lo sguardo, come ci ricorda Dante, alle “cose belle”, a riprendere coscienza che siamo “gente umana, per volar su nata”, per orientare gli occhi alle “stelle”, ovvero a quella sete di infinito, di totalità e di felicità che caratterizza il nostro cuore.

Non è infatti una casualità che il Sommo Poeta concluda le tre cantiche con la parola stelle: “E quindi uscimmo a riveder le stelle” (Inferno XXXIV, 139), “Puro e disposto a salire a le stelle” (Purgatorio XXXIII, 145), “L’amor che move il sole e l’altre stelle” (Paradiso XXXIII, 145), un suggerimento a non fermarsi all’apparenza delle cose ma ad andare alla loro origine, al loro Autore, alla “gloria di colui che tutto move” (Paradiso I, 1).

“La bellezza ch’io vidi… (Paradiso XXX, 19) – La Divina Commedia e i mosaici di Ravenna”
Ravenna, 23 settembre 2018 – 6 gennaio 2019
Complesso espositivo S.Apollinare Nuovo, Via di Roma 53 Ravenna