A 200 anni dalla nascita, le Edizioni Lotta Comunista pubblicano in 50 volumi l’opera omnia del padre del materialismo storico e dell’amico Friedrich Engels. Ne ha dato notizia di recente La Stampa di Torino. A questa si aggiunge, casualmente, l’uscita del film girato negli Usa sulla vita del giovane Marx. Se queste cose susciteranno vasto interesse non posso dirlo, mi sembra che ci sia una ripresa di interesse intellettuale su Marx.



Avendo studiato in gioventù Marx e avendo poi verificata la teoria che ha preso il nome di marxismo, dopo un lungo percorso che mi ha portato a un cambiamento profondo delle mie idee, sono diventato cattolico e ho compreso che non può esistere una scienza della vita dei popoli e delle persone.

Indubbiamente Marx ha costruito un’analisi storica sistematica, arrivando a farne una teoria del divenire possibile, il comunismo come società senza le classi sociali e senza lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Una frase del suo testo più noto, risalente al 1848, il Manifesto dei comunisti, dice: “Uno spettro si aggira per l’Europa, è lo spettro del comunismo”. Marx aveva trent’anni e scrisse questo libretto su richiesta di un’associazione parigina formata da migranti tedeschi, “La Lega dei giusti”, i cui operai avevano il problema del gran parlare che si faceva in Francia dell’utopia di un mondo nuovo fatto da eguaglianza e armonia. Chiesero a Marx di fare la critica di queste utopie, dimostratesi inconcludenti. E infatti Marx parte nel suo Manifesto dalla definizione: “occorre passare dall’utopia alla scienza”.



Il lavoro teorico lo svolse nell’intero corso della sua vita, ma si deve tener conto del fatto che lo muoveva un grande ideale di possibile cambiamento del mondo. Infatti visse una vita travagliata dalla miseria e dall’ostinata elaborazione della sua visione teorica. Uno dei suoi figli morì di stenti e Marx aveva bisogno di essere aiutato economicamente. A questo provvide il ricco amico Friedrich Engels, che divenne intestatario della produzione collettiva con Marx. Engels aveva una visione scientista e positivista, che poi sarà parte della produzione del marxismo come ideologia, ovvero come sistema di idee che prevedeva tutto il processo storico futuro di cambiamento del mondo e di vittoria del comunismo.



Il rapporto fra i due ha un momento molto significativo nella pubblicazione del Capitale. Marx aveva fatto uscire il primo volume, ma gli altri due li tenne nel cassetto perché non era convinto del lavoro fatto. Engels invece lo obbligò alla pubblicazione.

La tensione ideale di Marx si riscontra negli scritti filosofici giovanili, dove si possono leggere frasi come questa: “gli operai usciti dalla fabbrica si ritrovano nella birreria e si rendono conto di essere totalmente espropriati dei mezzi di produzione, dunque non hanno più nulla se non la propria umanità, è da questo che muovono i loro passi”.

Marx era attivo nella sinistra hegeliana, e dunque aveva tutta la consapevolezza dell’etica illuminista, che doveva essere la ragione di una classe dirigente della società, in un contesto nel quale si ereditavano i valori del cristianesimo, avendo però dimenticato che nascevano dalla fede in Cristo. Fraternità, libertà, eguaglianza, dopo la Rivoluzione francese erano diventati valori costituzionali e motivavano un’etica di Stato. I giovani della sinistra hegeliana sbeffeggiavano la Chiesa, vi entravano con atteggiamenti contestatori, liberi nel vestire e nel comportarsi.

Marx ci stava male in questo spirito goliardico e per questo si mise a lavorare per una lettura scientifica della storia. La sua teoria prese corpo progressivamente: tutta la storia conosciuta è storia di lotta di classe; infine, il capitalismo produce la classe rivoluzionaria in assoluto, in quanto classe che non ha più ragione di riprodurre la divisione in classi. Il capitalismo ha al suo interno la crisi che lo seppellirà e il processo rivoluzionario prenderà corpo dalla crisi del capitalismo. La classe operaia al potere farà estinguere lo Stato, perché non sarà più necessario difendere il potere di una classe a danno del resto della popolazione.

Infatti la formazione politica che Marx promosse, la Prima internazionale, aveva al suo interno anche Bakunin, il capo dell’anarchia internazionale. Successivamente i comunisti si separarono dagli anarchici, nella consapevolezza che non si poteva generare il cambiamento senza un processo di trasformazione rivoluzionaria.

Dopo la Prima internazionale, che produsse il movimento sindacale e la conquista delle otto ore di lavoro nei Paesi industrializzati, il problema politico della rivoluzione operaia portò al formarsi di una visione intermedia, la socialdemocrazia. Intanto, però, la riduzione ideologica del comunismo teneva viva l’idea di generalizzare la rivolta, che avrebbe dovuto accadere là dove la classe operaia era più diffusa e organizzata. Ma questo non accadde: l’idea comunista prese il suo punto di partenza in Russia, Paese non di grande sviluppo industriale; qui Lenin produsse la presa del potere del partito comunista e fece nascere l’Unione Sovietica. Fra le interminabili contraddizioni della rivoluzione si giunse al potere di Stalin, che fece dello Stato sovietico uno Stato autoritario e assolutistico. Insomma, la teoria si dimostrò fallace davanti alla realtà della lotta per il potere e del formarsi della nuova classe di potere fatta da persone con tutte le loro propensioni al potere per sé.

Nel mio superamento critico del marxismo-leninismo presi atto che la pretesa di una scienza della vita dei popoli è completamente irrealistica. Il desiderio di giustizia e di eguaglianza fra gli uomini costituisce un nobile ideale, e l’andare contro la mentalità mondana dell’arricchimento come scopo del vivere è un passo vero verso la libertà, ma tutte queste ragioni umane hanno bisogno del vero soggetto della storia, che non è l’auto-emancipazione degli uomini, ma è l’unità degli uomini, che ha la sua radice in Cristo e nella capacità di seguire per fede la verità. Cristo è il soggetto della storia, una presenza che rivoluziona continuamente la vita degli uomini riconoscendoli e sostenendoli nel desiderio.

Si riapra, dunque, questa attenzione verso Marx, ma si badi al percorso della persona e non alla sua pretesa di aver trovato il definitivo superamento della religione.