Macron 2018 come Sarkozy 2004? Con il suo discorso alla Conferenza episcopale al Collège des Bernardins del 9 aprile, Macron ha rotto uno dei tabù della laïcité francese: come si permette un presidente della laicissima République di prendere la parola in un’assemblea di vescovi cattolici? Nel 2004, con un’intervista al settimanale L’Express e un libro, La Repubblica, le religioni e la speranza, il suo predecessore Sarkozy aveva già sdoganato la religione, affermando che “la questione spirituale non è artificiale ma è essenziale”, che “la questione della spiritualità è al cuore dell’esistenza dell’uomo”, e che “se l’uomo si definisce come fine in sé si fa Dio e diventa fondamentalmente intollerante”. Sarkozy trovava modo di affermare di essere cattolico e di andare a Messa, anche se aggiungeva — per non esagerare — che la sua frequenza in chiesa alla domenica era “piuttosto irregolare”.



Macron e Sarkozy, a loro modo, hanno rotto entrambi con lo stile e le tradizioni della politica francese non socialista. Le radici culturali di Chirac, per esempio, erano lontanissime dal cristianesimo. Nel 1980, quando era sindaco di Parigi, affermava, in visita in Italia, che “il cristianesimo non ha né l’antichità, né la tolleranza né la vera profondità mistica delle grandi religioni asiatiche. Le nostre radici non si trovano certamente qui a Roma”. Sia Sarkozy sia Macron hanno evitato accuratamente di criticare l’opposizione della Francia alla menzione delle radici cristiane nei trattati che definiscono l’Unione Europea. Macron ha affermato che più che le radici, che “potrebbero essere disseccate”, gli interessa la linfa vitale, e che il cattolicesimo può e deve ancora avere questo ruolo di linfa. Ma il cambio di accenti è evidente.



Tuttavia, ci sono anche delle differenze fra il discorso di Macron del 2018 e gli interventi di Sarkozy del 2004. Questi ultimi — per quanto si sia poi sovente affermato che non erano farina del sacco del presidente ma erano stati scritti da ghostwriters – partivano dal vissuto di Sarkozy che si dichiarava cattolico, sia pure un po’ a modo suo. Macron cita rapidamente ragioni “biografiche” per la sua attenzione al cattolicesimo ma rimane molto più discreto sulla sua posizione personale.

Soprattutto, dal 2004 al 2018 sono cambiate la società francese — basti pensare all’introduzione del matrimonio omosessuale — ed è cambiata, con Papa Francesco, la Chiesa. Macron fa eco non solo a Sarkozy ma anche a un famoso discorso di Benedetto XVI nello stesso luogo del suo incontro con i vescovi, il Collège des Bernardins a Parigi, in una vigorosa denuncia del “relativismo” come nemico dell’Europa e della Francia, un male che induce nichilismo e toglie le ragioni di vivere e di sperare. Il presidente si separa da chi vuole ridurre la religione a un fatto privato, e da chi suggerisce alla Chiesa di stare fuori della politica. In questo, la rottura con l’interpretazione giacobina della laïcité è netta, e si comprende la reazione ostile dei socialisti e delle associazioni che si considerano custodi di un anticlericalismo anacronistico e polveroso ma ancora influente in diversi ambienti in Francia.



Anzi, Macron rimprovera persino tra le righe i vescovi per essersi tenuti negli ultimi anni un po’ troppo fuori dai dibattiti specificamente politici, con l’eccezione delle questioni attinenti da una parte alla vita e alla famiglia e dall’altra all’immigrazione e ai rifugiati. Può darsi, afferma Macron, che questo sia avvenuto perché, precisamente su questi due problemi, i vescovi e i cattolici hanno avuto l’impressione che la politica non prendesse sul serio le loro opinioni. Il presidente non ha fatto nessuna promessa specifica, affermando che si tratta di temi complessi su cui occorre cercare mediazioni ed esercitare la “prudenza” cara a Papa Francesco, che ha esplicitamente citato. Ma ha anche detto che considerare irrilevante la posizione dei cattolici è sempre un errore.

Su un punto, Macron è sembrato in armonia con Papa Francesco: la politica ha bisogno del contributo dei cattolici, ma si aspetta un contributo ampio, su tutti i temi più rilevanti, su cui del resto la dottrina sociale della Chiesa ha sempre avuto qualcosa da dire. Questo contributo non sarà bene accolto se i cattolici saranno percepiti come una lobby che si occupa di un solo tema, anzi di due: una “destra” cattolica s’interessa solo alla lotta contro i matrimoni omosessuali, l’aborto, l’eutanasia e l’utero in affitto e una “sinistra” solo all’accoglienza degli immigrati e dei rifugiati (categorie peraltro, Macron lo ha ricordato, del tutto diverse fra loro). Questioni importanti, certo: ma la politica non si riduce a questo, e se i cattolici non riescono ad occuparsi anche di altro non potranno poi lamentarsi se saranno percepiti come una semplice lobby fra le altre.

E tuttavia l’ampio discorso di Macron lascia aperti degli interrogativi, e rischia anche di alimentare degli equivoci. Le sue parole forti contro il relativismo possono ricordare Benedetto XVI, ma Macron ovviamente non è Benedetto XVI. La definizione del relativismo è diversa. Sembra che per Macron si tratti della chiusura per principio alla spiritualità e al trascendente. Ma quanto al contenuto di questa spiritualità, che dovrebbe salvare l’Europa dal nichilismo e dalla disperazione, Macron rimane vago. Sembra che più o meno tutto vada bene, o che sincretismi anche arditi siano le vere spiritualità del ventunesimo secolo. Eloquente da questo punto di vista è l’evocazione dell’eroico colonnello Arnaud Beltrame (1973-2018), morto durante l’attacco terroristico a Carcassonne del 24 maggio 2018 dopo essersi volontariamente sostituito a un ostaggio, di cui ha così salvato la vita. Macron ha affermato che Beltrame ha trovato le ragioni del suo sacrificio nel patriottismo, nella sua profonda fede cattolica e nel suo “percorso massonico”, senza che i tre aspetti possano veramente essere separati. Beltrame, in effetti, era insieme cattolico praticante e massone della Gran Loggia di Francia (meno anticlericale del Grande Oriente). Il giornale dei vescovi, La Croix, aveva scritto che negli ultimi anni della sua vita Beltrame si era allontanato dalla massoneria, ma questo è stato smentito dalla Gran Loggia e dalla stessa famiglia del colonnello.

L’eroe nazionale Beltrame, così, incarna la “spiritualità” di Macron: aperta alla trascendenza, ma fuori degli schemi, un po’ cattolica e un po’ legata alla massoneria, capace di spingere a gesti eroici ma anche di creare una certa confusione. Rispetto al tradizionale laicismo francese, il bicchiere è mezzo pieno. Per altri versi, si potrebbe dire che è mezzo vuoto: ma questa è la condizione, confusa eppure in qualche modo ancora interessata alla spiritualità e alle religioni, dell’Europa contemporanea.