Il fenomeno della contestazione studentesca, scoppiata alla fine degli anni Sessanta mettendo in campo una mobilitazione dei giovani su scala planetaria che non ha precedenti, per tanto tempo è stato oggetto di ricordi più o meno simpatetici, alimentando una memorialistica che del Sessantotto ha fatto un vero e proprio mito, positivo o negativo che sia. La mitizzazione, tuttavia, non fa bene alla storia e rischia addirittura di far scolorire la portata reale degli eventi, che ha bisogno di essere ricostruita attraverso gli strumenti della ricerca storica. Tanto più in un caso come questo, che ha calamitato l’entusiasmo di tanti giovani nel mondo intero ma che, al tempo stesso, ha segnato un’accelerazione della storia contemporanea non da tutti celebrata come l’inizio di un’epoca migliore.



Come per tutti i fatti della storia, per capire il Sessantotto occorre quindi che il tempo passi e che si faccia strada quella serenità che è necessaria a una comprensione non troppo filtrata dal vissuto personale. La stessa importanza dell’argomento suggerisce di affrontarlo non tanto con ottica celebrativa, bensì in sede di ricostruzione storica, dove è utile fornire una periodizzazione convincente di eventi che non si sono esauriti nei limiti cronologici dell’anno “dei giovani”. In effetti, è la chiave interpretativa di lungo periodo che permette di capire la contestazione giovanile: il Sessantotto è stato il punto culminante (ma non conclusivo) di un processo iniziato con il boom economico ed ha amplificato le istanze di cambiamento emerse fin dagli anni Cinquanta e poi intensificatesi — perlomeno in campo cattolico — in corrispondenza del Concilio Vaticano II. Non per niente, gli studiosi hanno avanzato varie ipotesi interpretative, parlando non solo di “rivoluzione politica” più o meno fallita, ma soprattutto di “rivoluzione culturale” o, come Alberto De Bernardi, di “rivoluzione sociale”, per sottolineare il legame con l’avvento della società dei consumi, che ha implicato duraturi cambiamenti a livello dei costumi, delle urgenze ideali e delle problematiche di una società in profonda trasformazione. 



Uno dei frutti più originali dell’attuale stagione storiografica è senz’altro l’analisi dell’apporto che la gioventù cattolica europea ha dato alla nascita del movimento studentesco. Studiosi come Gerd-Rainer Horn hanno infatti messo in luce quanto sia stato determinante per la genesi della contestazione il contributo degli studenti cattolici. Proprio i giovani impegnati nell’associazionismo cattolico sono stati protagonisti di un processo di cambiamento che solo apparentemente è stato improvviso e imprevedibile, essendosi dispiegato lungo il corso degli anni Sessanta. 



Di tutto questo si parlerà il 3 e 4 maggio a Milano, in Università Cattolica, dove il Dipartimento di Storia dell’economia, della società e di Scienze del territorio “Mario Romani” ha organizzato il convegno internazionale “Towards 1968. Catholic students in Europe during the Sixties”, per spiegare il percorso che ha portato tanti studenti cattolici europei “verso il Sessantotto”. Nel panorama delle molte iniziative convegnistiche ed editoriali legate al cinquantesimo anniversario della contestazione, questo convegno si pone l’obiettivo di restituire all’attivismo della gioventù cattolica la dimensione internazionale e transnazionale che ha caratterizzato, nel suo insieme, il movimento studentesco, superando un approccio eccessivamente schiacciato sulla dimensione locale. L’evento vuole rappresentare un’occasione privilegiata di incontro e di confronto tra studiosi italiani ed europei, che approfondiranno l’itinerario compiuto dai giovani cattolici negli anni Sessanta soffermandosi sui momenti e sui luoghi che hanno sviluppato una revisione critica dei vecchi riferimenti ideologici, degli orizzonti culturali tradizionali e delle stesse forme dell’associazionismo sino allora prevalenti.

Muovendo da una messa a fuoco della dimensione globale della contestazione giovanile, i lavori del convegno metteranno in luce alcune peculiarità di quella che potrebbe essere definita l'”anima” cattolica del Sessantotto, emersa attraverso la creazione di reti internazionali che, sin dagli anni Cinquanta, collegavano i movimenti specializzati dell’Azione Cattolica. Vale senz’altro la pena di indagare tali trame associative e interpersonali, distese a livello quanto meno europeo, e non solo per comprendere il contributo degli studenti cattolici al Sessantotto, ma anche per intercettare la dimensione globale che ha caratterizzato la contestazione giovanile. È appunto tramite questi reti — oggetto della prima mattinata del convegno — che sono circolati modelli culturali, idee ed esperienze, a cominciare da quelle che provenivano dall’America Latina. Ed è grazie a queste reti che giovani di vari contesti nazionali, europei ed extraeuropei, hanno potuto confrontarsi. Alcuni dei principali teatri della contestazione cattolica in ambito europeo — dalla Spagna al Belgio, dal mondo tedesco alla Francia — saranno al centro delle relazioni del pomeriggio del 3 maggio. Si soffermerà invece sulle peculiarità del caso italiano la terza e ultima sessione del convegno (mattina del 4 maggio), nella quale troverà spazio adeguato un approfondimento sulla contestazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che è stata uno dei laboratori più significativi del Sessantotto italiano.

(Informazioni sul convegno disponibili a questo link)