Sono state settimane culturalmente intense quelle appena trascorse in territorio siculo, tra Catania e Vizzini, settimane con unico comun denominatore: Giovanni Verga. Nella città dell’Elefante, infatti, dal 19 al 21 aprile, ha tenuto banco il convegno internazionale dedicato allo scrittore siciliano “I suoi begli anni”, organizzato dalla Fondazione Verga per celebrare il quarantennale della nascita del centro studi.
Gli incontri, che hanno visto la partecipazione di personalità di spicco del mondo accademico nazionale ed internazionale quali Giorgio Longo dell’Università di Lilla o Tullio Pagano del Dickinson College della Pennsylvania, si proponevano di approfondire gli anni tra il 1871 e il 1892 in cui Verga soggiornò per lo più a Milano inframmezzando la sua permanenza con regolari rientri in quel di Catania. La ragion d’essere del convegno, che prevede una seconda parte dal 28 al 30 di novembre proprio nel capoluogo lombardo, al di là della ricorrenza, risiedeva non solo nel trattare aspetti di esperienza artistica spesso poco conosciuti, ma anche nel sottolineare quanto le riflessioni di questo periodo siano state decisive sia dal punto di vista del percorso letterario personale sia per lo sviluppo della letteratura successiva.
In questo senso, grande rilevanza ha assunto la presentazione dell’edizione critica della raccolta di racconti Vagabondaggio a cura di Matteo Durante, un’opera che va a rimpolpare la collana dell’Edizione nazionale delle opere di Giovanni Verga, il cui comitato è presieduto dalla prof.ssa Gabriella Alfieri. Come evento collaterale, inoltre, dal 20 aprile presso la Biblioteca Regionale Universitaria di Catania è possibile ammirare numerosi manoscritti verghiani in un’apposita mostra: un’occasione suggestiva ed imperdibile per instaurare un contatto più approfondito con la materialità delle carte del grande autore.
Anche a Vizzini l’attività è stata fervida. A cavallo tra il 24 e il 25 aprile il paese è stato animato dalla compagnia “Teatro Skené” che ha messo in scena diversi capolavori verghiani, tra cui Cavalleria rusticana e Mastro don Gesualdo. Anche qui le mostre hanno giocato un ruolo importante, su tutte quella al Museo dell’Immaginario Verghiano, dove gli appassionati hanno potuto prendere diretta visione non solo di oggetti appartenuti all’autore, ma anche di un suo lato sconosciuto ai più, ovvero la passione per la fotografia: un modo per guardare a luoghi del passato siciliano tramite l’occhio del grande scrittore. Ma qual è, ancora oggi, il valore profondo di queste rievocazioni? Cos’è che, anno dopo anno, permette al Verga di rimanere un riferimento insostituibile per la letteratura di ogni tempo?
In primo luogo, le tematiche. Nell’insieme della sua produzione, infatti, Verga ha saputo spaziare tra l’infinita varietà dei sentimenti, tratteggiando personaggi dalla forte espressività che hanno coperto tutto lo spettro delle passioni umane, dalla disperazione dei Malavoglia al disincanto del Mastro, dalla dolcezza sfiorita della Capinera alla vana avarizia del Mazzarò de La roba. Specialmente nel periodo verista Verga, certo, ha dato un’immagine a tratti tragica della società a lui contemporanea, tratti di coraggiosa antistoria all’indomani dell’Unità e di tutta l’epopea risorgimentale che l’aveva preceduta. Nel fare questo, però, quasi miracolosamente, tutte le classi sociali, seppur molto distanti per svariati motivi, sembrano ricongiungersi nel cosiddetto ideale dell’ostrica, secondo cui coloro che provano ad abbandonare il luogo o la fascia sociale in cui sono nati sono destinati a soccombere, travolti dalle dinamiche del mondo. Quello che può sembrare un eterno ritorno degradato, dove non c’è possibilità di sogno e di felicità, in realtà è l’unico espediente che Verga individua per mantenere intatta la propria natura e i propri affetti. Un meccanismo di autodifesa dagli aspetti più feroci del mondo, se vogliamo. Un’analisi della realtà che, partendo dal dato locale e avvalendosi di una lingua tutta sua ed inimitabile — che poi è l’altro motivo per cui Verga è ancora al centro degli studi contemporanei —, arriva a toccare le corde dell’universalità nella misura in cui, per parafrasare un altro grande siciliano come Leonardo Sciascia, dalla storia minuta egli sa trarre le conseguenze per un orizzonte ben più ampio.
Insomma, celebrare Verga, ancora oggi, è celebrare il genio di un intellettuale che con le sue inquietudini e la sua maestria nell’uso linguistico risulta molto più attuale di certi contemporanei.