Tizia è la fidanzata di Sempronio: è una frase che si sente o si legge correntemente nei mezzi di comunicazione o nel parlare comune. Poi si viene a sapere che Tizia e Sempronio sono entrambi regolarmente sposati con altre persone senza che vi sia in corso un procedimento di separazione, oppure che sono due ragazzi dodicenni, e quindi il legame definito come fidanzamento difficilmente può sfociare in un matrimonio, se non in un futuro molto remoto. In conclusione la parola fidanzamento ha perso il suo valore primitivo: essa designava originariamente un legame affettivo indirizzato verso il matrimonio e sancito da un impegno formale: un legame non indissolubile, perché il fidanzamento, diversamente dal matrimonio, poteva sciogliersi, ma comunque vincolante e tendente alla definitività. La parola fidanzato non è antichissima: le prime edizioni del Vocabolario della Crusca non la registrano, e solamente a partire dall’edizione del 1691 trova accoglienza nel principale repertorio lessicale dell’italiano.
Il verbo fidanzare invece viene registrato fin dalla prima edizione del 1612, ma si tratta di parola talmente rara nell’uso che il compilatore del dizionario si sente obbligato a darne una spiegazione, e accanto a “fue fidanzata” scrive “cioè promessagli per isposa“. La solennità dell’impegno del fidanzamento è sottolineata anche da vocabolari più recenti. Nel Tommaseo-Bellini (1861) leggiamo queste definizioni: “Fidanzare: Promettere fanciulla in isposa, in modo ch’ella si trovi o sia creduta obbligata al matrimonio”, e fidanzato: “Che ha data la fede per cui sarà sposo”, con l’avvertenza che si tratta di parola “non dell’uso comune”.
Significati che spariscono nel Vocabolario Treccani (2008), dove fidanzato è definito semplicemente “giovane innamorato”, definizione imprecisa e lacunosa perché con fidanzamento si intende un rapporto pubblicamente riconosciuto, distinto quindi dal semplice innamoramento o dal flirt, come fidanzato è diverso sia da convivente sia da compagno. Fidanzare è derivato da fidanza, parola di ascendenza nobile (è usata correntemente nei primi secoli della lingua), ma ormai caduta in disuso.
Oggi fidanzato ha preso il posto di termini come amante, concubino, drudo. La sostituzione risponde al desiderio di mascherare la realtà di un rapporto affettivo stabile, ma spesso non regolare, evitando una definizione ritenuta inadatta o poco cortese. Curioso che proprio in un’epoca moralmente permissiva e indulgente come l’attuale si ricorra a un eufemismo per eludere (“d’un velo candidissimo adornando” direbbe Foscolo) un giudizio morale. Ma è interessante notare che alla parola italiana fidanzato/a corrisponderebbe in latino la parola sponsus/sponsa, da cui l’italiano sposo/a.
Propriamente sponsus è forma di participio di spondere, che significa “prendere un impegno solenne (originariamente con una libagione)”, termine che si applica anche a promesse assunte pubblicamente nei confronti di persone o istituzioni: sponsa, come ci dicono i trattati di diritto, è la donna che veniva promessa in sposa: quae promissa erat sponsa appellabatur, qui spoponderat ducturum, sponsus, “la donna che era stata promessa veniva chiamata sponsa, e l’uomo che aveva preso l’impegno di prenderla in moglie sponsus“.
L’uso di sponsus nel senso di “fidanzato, promesso sposo” è costante nel latino classico, e bisogna arrivare al Medioevo e alle lingue romanze perché la parola assuma il nuovo significato di “uomo (o donna) che ha contratto matrimonio”, all’inizio col valore di “sposo recente, uomo o donna sposati da poco”.
In sostanza, il percorso compiuto da sponsus nei secoli passati è esattamente inverso al percorso compiuto da fidanzato in tempi recenti: in sponsus si è passati dall’idea di legame promesso a quella di legame definitivo e stabile, mentre nell’uso attuale di fidanzato si è passati dall’idea di legame solennemente promesso e tendente alla definitività a quella di legame socialmente riconosciuto, ma non sostenuto da alcun impegno formale, e magari temporaneo.