La figura di Piccarda Donati riunisce in sé quanto di più significativo Dante abbia rappresentato circa la fedeltà della donna.

La sua storia porta a compimento la passione di Francesca da Rimini, travolta dalla bufera infernale, per sempre unita, e dannata con Paolo; completa anche la dolcezza segreta di Pia de’ Tolomei, che non svela il nome di colui che prima di ucciderla le aveva donato l’anello nuziale.



Piccarda, sorella di Corso e di Forese Donati, si era fatta monaca clarissa, ma fu costretta con la forza a lasciare il chiostro per sposare Rossellino della Tosa alla quale era stata destinata. Anche lei tace il nome degli autori della violenza, ora che in cielo gioisce della pace di quello sposo che accetta ogni desiderio e ogni dolore. La sua fedeltà anche fuori delle dolci mura del monastero, rimpiante fino a morirne ben presto come scrivono le antiche cronache, sta tutta nel “tenersi dentro la divina voglia”, sia che nella vita si sia potuto realizzare il proprio sogno, sia che la volontà altrui l’abbia infranto. E altrettanto Piccarda riferisce dell’imperatrice Costanza, madre di Federico II, monaca e poi sposata a Enrico VI secondo una leggenda che Dante riporta come fatto storico. “Non fu dal vel del cor già mai disciolta”: fedeltà anch’essa al di là della forma e della costrizione.



Forse è per questo stare dentro la volontà di Dio che Maria è invocata dalla pietà cristiana come “vergine fedele”. Non tanto per l’obbedienza di tutta la vita, quanto per la libertà della sua adesione al disegno che le veniva svelato dalla giovinezza fin sotto la Croce. “Custodiscimi perché sono fedele”: Davide non teme di ritenersi tale, nonostante il male compiuto, perché poco sotto invoca il suo Dio: “Mostrami Signore la tua via, perché nella tua volontà io cammini”. Si rivela una coerenza morale che è frutto della fede e diventa lode: “Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore”.



L’invenzione più grande di Hemingway, almeno a giudizio di chi scrive, è la figura di Manolin in Il vecchio e il mare. Il ragazzo non abbandona il vecchio pescatore Santiago, sia nei tempi in cui non pesca niente da mesi e gli offre due sardine come esca, sia quando parlano di baseball, sia dopo la lotta estenuante del vecchio con un enorme pescecane, divorato da altri pesci e ridotto a carcassa. Il vecchio giunge a riva sfinito. Manolin lo soccorre, veglia con il caffè fino a quando non si svegli e gli porta una camicia pulita.

“In cima alla strada, nella capanna, il vecchio si era riaddormentato. Dormiva ancora bocconi e il ragazzo gli sedeva accanto e lo guardava”.

Così si conclude una delle cose più belle scritte nel Novecento, inno della vita più forte della natura, ma anche, in sottofondo, canto di una amicizia fedele.