Il saggio di Alberto Leoni, Storia delle guerre di religione. Dai Catari ai Totalitarismi (Ares, 2018) appare alle stampe sedici anni dopo La Croce e la Mezzaluna, storia militare dei conflitti armati fra l’islam e l’occidente cristiano, un testo che ebbe una buona fortuna editoriale, anche se, forse, non fu facilmente compreso, perché dava una lettura non univoca né semplicistica degli avvenimenti trattati. Questo secondo saggio nasce invece con l’obiettivo di raccontare la temperie in cui si scatenarono le guerre di religione, dimostrando che, nella maggior parte dei casi, si trattò di conflitti decisi da governi contro confessioni religiose, e nati per motivi molto concreti, quali il controllo dei beni ecclesiastici o delle masse di fedeli.
Leoni inoltre si propone di presentare ciò che, nella Premessa, definisce un “doppio dualismo”: da un lato, quello tra il potere religioso e quello civile; dall’altro, quello fra la “Chiesa istituzione” e la “Chiesa missione”. Tali elementi sono non solo interdipendenti, ma anche bisognosi di un eterno, difficile equilibrio, rivolto a tre finalità: per prima cosa, riconoscere crimini ed eroismi delle due parti, dei protestanti come dei cattolici, per superare, in nome di un vero ecumenismo, quell’imbarazzo che ancora oggi aleggia quando si toccano tali argomenti; poi, per individuare, nella storia della Chiesa cattolica, due linee guida sempre presenti, ovvero la missionarietà, con la sua spinta ideale, e quella che Leoni definisce “difesa della struttura”, sia essa statale o dottrinaria, quasi sempre necessaria per difendere la libertas Ecclesiae; soprattutto, per smascherare la falsa tolleranza che si cela dietro quella bollata dall’autore come “impostura laicista”.
Il volume prende così le mosse dalla cosiddetta Crociata contro gli Albigesi, indetta da Innocenzo III nel 1209 contro i Catari, cioè i “puri”, particolarmente diffusi nella Francia del Sud, soprattutto in Provenza, che, all’epoca, sotto il governo di Raimondo VI di Tolosa, godeva di una notevole autonomia. Inutile dire che alla crociata aderirono entusiasticamente i baroni della Francia settentrionale, ansiosi di mettere le mani sulle prospere terre del Meridione.
Il saggio di Leoni passa poi a esaminare i conflitti che travagliarono l’Europa nel Cinquecento, il “secolo di ferro”, segnato dalla Riforma protestante, da conflitti di ogni genere, ma anche dalla nascita del calvinismo, che scompaginò ulteriormente le carte in un panorama già molto drammatico: se la Chiesa cattolica riconosceva, infatti, un difficile equilibrio fra papato e monarchia, e il luteranesimo andava semplificando il problema, eliminando dall’orizzonte delle coscienze dei riformati l’autorità papale, e affidando la propria chiesa al monarca, il calvinismo postulava invece “che la Chiesa non avesse alcun potere temporale, demandato all’autorità civile. E, tuttavia, il potere civile, per essere seguito dai fedeli calvinisti, doveva conformarsi ai dettami morali della Chiesa, attuando il regno di Dio in terra”. Esso si attuava premiando i buoni e punendo i reprobi: di fatto, si arrivava a una teocrazia, quale non venne mai ipotizzata nemmeno dai pontefici che più sottolinearono la valenza della carica papale, come Gregorio VII o Innocenzo III. In altre parole, ci dice Leoni, la storia mostra a volte paradossi straordinari, che, da un punto di vista meramente intellettuale, potrebbero essere anche giudicati, al limite, divertenti, o curiosi, se non fosse che hanno provocato innumerevoli morti e distruzioni.
Sulla scia dello studioso americano Dave Armstrong, convertitosi in età adulta al cattolicesimo, Leoni opera una importante rivalutazione. Per esempio, nella polemica contro gli anabattisti e gli zwingliani, pochi ricordano come Lutero avesse affermato che la più alta autorità è sì la Scrittura, ma ha autorevolezza anche la Chiesa, che ha custodito la fede in Cristo sino al XVI secolo (p. 98, con rimando a D. Armstrong, Martin Luther: Catholic Critical Analysis and Praise, 2008, p. 213 sgg.); inoltre, in Contro i profeti celesti, Lutero stesso affermò che “quando le immagini sacre sono adoperate senza idolatria, tale uso non può essere proibito”, e poi che gli si deve consentire “di custodire, metter addosso e guardare un Crocifisso o una Madonna in quanto non le adoro, ma le adopero per far memoria di loro”.
Ma il volume di Leoni non si conclude certamente qui: il capitolo IV esamina “Le guerre di religione nel XVII secolo” in concomitanza con l’affermazione delle monarchie assolute; e il capitolo V, invece, esamina il periodo “Dall’attacco della Rivoluzione alla resistenza antinapoleonica”. Il capitolo VI ci presenta invece lo scenario tutt’altro che religiosamente tranquillo del Risorgimento italiano, a partire dai “preamboli” del ’48 in Spagna, Belgio, Svizzera, passando poi alle vicende della Repubblica Romana, alle campagne del 1860, sino alla fine dello Stato Pontificio con la breccia di Porta Pia. Ma la parte forse più interessante del volume è il capitolo VII, l’ultimo, che passa in rassegna “La battaglia contro i totalitarismi del XX secolo”, dal 1920, quando “la rivoluzione russa viene fermata sulla Vistola”, sino alle vicende dei cattolici nella guerra civile spagnola e al ruolo dei cristiani nella seconda guerra mondiale e nella guerra fredda. Nelle conclusioni, come risposta alla domanda: “Potrebbe verificarsi un ritorno alle guerre di religione?”, l’autore afferma che “al termine di questo percorso nella crudeltà e nel sangue il desiderio di pace, frutto della ragione umana come capacità di comprendere la realtà secondo la totalità dei suoi fattori, resta l’unica alternativa possibile, sfidante, compito di teste e cuori forti”.