Il ricordo più vivo di Ferragosto non erano tanto i fuochi artificiali sul mare alla sera, quanto la predica del parroco alla Messa grande del mattino dell’Assunta. Ogni anno egli ripeteva che quella era la festa del corpo.

Erano gli anni Sessanta, in Liguria. I villeggianti riempivano la chiesa parrocchiale, un bel barocco ligure con facciata neoclassica, carico di ori e di fiori. Risuonavano le note della messa “de angelis”, un gregoriano tardo e molto popolare nella Liguria che aveva visto l’influenza del cardinale Siri di Genova e che dunque aveva salvato gran parte della tradizione, anche nel canto. E dentro questo tripudio di luce, di inni, di note, di campane a festa la voce del parroco ripeteva l’annuncio che il cristianesimo è la religione del corpo.



Per un attimo la spiaggia in cui il corpo si spoglia, prende il sole, si distende nelle onde del mare sembrava prendere una direzione più alta, là dove si festeggiava Maria nella sua Assunzione al cielo. Nessuno spiritualismo, ma il trionfo della corporeità dell’Incarnazione, che nella Madonna assunta raggiunge lo scopo per cui noi tutti siamo creati e che fonda il rispetto della carne a cui tutti siamo tenuti. Questo era l’annuncio che dai secoli giungeva nel cuore dell’estate in un paese della riviera.



Un fatto tramandato lungo tutta la storia della Chiesa e reso dogma solo nel 1950, quando la certezza di un evento così straordinario sembrava essersi affievolita nel cuore dei credenti. Maria, compagna nella croce e nella risurrezione di Gesù, è resa partecipe della sua vittoria e viene accolta in anima e corpo nella vita della Trinità. Grande mistero, per noi non scrutabile con i soli occhi della ragione, ma non contrario ad essa, perché “nulla è impossibile a Dio”. E così l’annunciazione, la maternità, la vita nascosta e ubbidiente, il dolore e la gioia della madre di Gesù si compiono ora nella gloria del Paradiso.



In lei il corpo preservato dal peccato originale è glorificato, caparra di ciò che avverrà alla fine anche per noi, che siamo membra di Cristo. Lo afferma san Paolo nell’Ufficio delle Letture di oggi: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo”. 

La liturgia fa anche rileggere parte della Costituzione Apostolica Muneficentissimus Deus con la quale papa Pio XII proclamava il dogma. In essa egli cita un antico autore che scrive: “Cristo, nostro salvatore e Dio, donatore della vita e dell’immortalità, fu lui a restituire la vita alla Madre. Fu lui a rendere colei, che l’aveva generato, uguale a se stesso nell’incorruttibilità del corpo, e per sempre. Fu lui a risuscitarla dalla morte e ad accoglierla accanto a sé, attraverso una via che a lui solo è nota”.

Per questo noi anche oggi possiamo onorare l’Assunta, cantando: “Andrò a vederla un dì, in cielo patria mia, andrò a veder Maria, mia gioia e mio amor”.