Confesso che Salvo Toscano mi piace da impazzire. Me ne innamorai leggendo, molti anni fa, L’enigma Barabba, sorta di controcanto — molto più sano e avvincente — ai complottismi alla Dan Brown. Da allora non mi sono perso nemmeno uno dei suoi libri. Perché mi piace così tanto? Le ragioni sono molte.
Una, la coppia dei protagonisti, i fratelli Corsaro. Giornalista, impenitente scapolo sciupafemmine ma col desiderio mai del tutto vinto di un amore vero, appassionato di rock, l’uno; avvocato, padre di famiglia alle prese con le difficoltà coniugali e familiari di tutti i mariti, accanito ascoltatore di musica lirica l’altro. Mi piace il loro rapporto solido e agile, e il modo in cui si palleggiano il racconto a capitoli alterni.
Due, l’ironia: difficile che passi qualche pagina senza che Toscano ti strappi un sorriso, per le battute, i paragoni, la capacità di cogliere il lato divertente di tutto. E tre, inseparabilmente legata all’ironia, la sua virtù speculare, quella che le impedisce di diventare sarcasmo, cinismo: la pietà, lo sguardo pieno di compassione per i poveri uomini che tutti siamo. Protagonisti e comparse, vittime e carnefici, su tutti lo sguardo di Toscano trascorre con questa straordinaria capacità di cogliere l’umano, i suoi drammi, i suoi desideri.
E perciò — quattro — come nella miglior tradizione giallistica, risolvere un caso non è mai solo sciogliere un enigma, ma sempre, molto più profondamente, entrare nella lotta fra bene e male che si combatte nel cuore di ciascuno.
Poi, naturalmente, c’è la storia, se no che gialli sarebbero? In un vecchio episodio della serie, Insoliti sospetti, Fabrizio — il giornalista — era capitato al posto sbagliato nel momento sbagliato, era scivolato dal ruolo di detective a quello di accusato, e per tirarlo fuori dalla galera Roberto — l’avvocato — aveva dovuto penare non poco. Così, quando nel libro appena uscito, L’uomo sbagliato (Newton Compton, 2018) si trova davanti un giovanotto che gli racconta del padre condannato a trent’anni per un omicidio che — sostiene il figlio — non ha commesso, Fabrizio non può fare a meno di immedesimarsi nel galeotto forse innocente, e prova a prendere sul serio la storia che il ragazzo gli racconta. È l’inizio di una ricerca che porterà lontano, fino all’Iraq insanguinato dalla guerra dove la vittima aveva lavorato, metterà i fratelli Corsaro in situazioni davvero rischiose, e approderà a una conclusione inattesa e un poco amara; il resto alla curiosità del lettore.
Nota bene conclusivo: Toscano non è mio parente e non sono azionista della sua casa editrice; semplicemente, i suoi libri sono un’occasione per fare un bagno di straordinaria umanità, e per questo mi permetto di segnalarli ai miei lettori.