“In stazione, pendolari e studenti affollano la banchina del primo binario. Dall’altra parte, solo un uomo attende il treno che viaggia in direzione opposta. Non sta fermo, nell’attesa. Tiene nella mano destra un coltello affilato. La sinistra, noncurante delle spine, pesca grossi carciofi, a uno a uno, da un sacco bianco di plastica (…) Sono pochi i passeggeri che alzano gli occhi verso di lui (…) Se lo fanno, lo sguardo è diffidente (…) Fa impressione il solo pensiero che, prima di finire nei nostri piatti, quei carciofi siano stati trattati da uno di questi invisibili, a bordo binario. Che prospettiva avrà mai uno come l’uomo dei carciofi? (…) Basta avvicinarlo e ascoltarlo per scoprire un’altra prospettiva. Quella di un uomo grato alla vita (…) E’ cresciuto in un villaggio dove sua nonna era la migliore maestra di danza. (…) Il lavoro che per ora è riuscito a procurarsi gli pare un po’ simile alle danze insegnate dalla nonna: ripetere all’infinito un gesto, con la stessa precisione e accuratezza. Lui lo fa usando con abilità un coltello, senza fare male ad alcuno e senza farsi male (…) perché a ogni foglia liberata dalla sua spina e a ogni gambo mondato associa una preghiera per sé e per il mondo”.
Treni, carciofi, solitudine, diffidenza, incontro, gratitudine, danza, accuratezza, preghiera. Che strano miscuglio, ma la vita stessa è un impasto imprevedibile, che si può cogliere solo se affascinati dallo stupore, perché la ricetta è nelle mani di un Creatore le cui (innumerevoli, come la sabbia del mare) vie non sono le nostre vie. Si potrebbe dire che sì, anche treni, carciofi, diffidenza, danza, preghiera possono trasformarsi negli ingredienti della speranza, quella virtù che Charles Péguy definiva “bambina irriducibile”: sempre così nascosta e fragile, continuamente a repentaglio, eppure così sorprendentemente viva e indomabile.
La storia di D.K., “l’uomo dei carciofi” dallo “sguardo positivo e propositivo”, è uno dei “12 incontri con l’energia del Vangelo” che Sergio — di cognome Astori, di professione psichiatra e psicoterapeuta — e don Sergio — di cognome Massironi, ordinato sacerdote nel 2002 — hanno raccolto nel volume Senza sconti (Edizioni San Paolo, 2018. 124 pagine, 16 euro). Dodici incontri per raccontare dodici parole: oltre, appunto, a speranza, nel libro si parla di tenerezza, sincerità, incanto, rispetto, fiducia, coraggio, impegno, misura, fedeltà, profondità e passione.
Più che parlare, però, questo libro — rivolto agli educatori e ai ragazzi anche come strumento di riflessione e di lavoro in vista del Sinodo sui giovani — è da ascoltare, è un modo di incontrarsi. Non basta leggerlo, seguire lo scorrere delle righe scritte; bisogna imparare — come ricorda nella prefazione Silvano Petrosino — “nel leggere tali righe”, tali storie, tali incontri, a “lasciarsi interrogare soprattutto da ciò che emerge e si nasconde ‘tra’ queste righe, entrando così personalmente in scena”. Papa Francesco direbbe: non si può stare sul balcone, davanti alle urgenze della vita, bisogna scendere in piazza, sporcarsi le mani, andare incontro, abbracciare, condividere la realtà.
E il libro, nella sua struttura a dissolvenze, alternando le storie di oggi con la Presenza che ha attraversato duemila anni fa la Galilea, fa capire che il Vangelo non è una filosofia, né tanto meno un trattato di etica, e ancor meno un manuale di teologia. Il Vangelo, nei racconti di Sergio e don Sergio, è un libro attuale, contemporaneo, spalanca il presentimento, mai sopito, che qualcosa di veramente nuovo debba avvenire. Un intreccio di nuovo e di antico per ragazzi, non per bambocci.
Anzi, per risvegliare la parte addormentata di ciascuno di noi, magari assopita da quella che Zygmunt Bauman definiva la “zona comoda” (il recinto apparentemente sconfinato della realtà virtuale, in cui si è connessi solo con ciò e con chi ci tranquillizza, non ci urta, non ci provoca, nel senso nobile della parola, cioè ci chiama a uscire dal nostro bozzolo), al termine di ogni storia, proprio per non fare sconti alla libertà dei lettori, Senza sconti propone “L’energia di certi incontri” (domande che aiutano a fare un esame di coscienza su ciò che viviamo, distrattamente, limitatamente, inconsapevolmente) e “Voci che suggeriscono sentieri”, cioè spunti che mettono l’io in movimento verso l’altro e verso la realtà, per superare impressioni, preconcetti e pregiudizi.
Insomma, Senza sconti è un viaggio, al termine del quale nulla è lasciato come prima: “per ascoltare bisogna prestare attenzione andando incontro a ciò che viene incontro, bisogna lasciarsi coinvolgere da ciò che sopraggiunge”. Perché ad assecondare questa tensione, davanti alle circostanze che ci capitano, agli incontri che facciamo e alle persone che incrociamo, c’è solo da guadagnarci.