Sono qui proposti alcuni estratti dal libro “Il grande spettacolo dell’arte” del critico d’arte Luca Nannipieri, pubblicato da Historica, in uscita in questi giorni. Gli estratti provengono dal capitolo “L’arte, le religioni e Gesù Cristo (che non è un soprammobile)”.

Le cattedrali non sono immobili, non sono ferme nei loro significati. Nonostante sembrino statiche, impenetrabili ad ogni cambiamento, nonostante la loro massiccia inequivocabile presenza le renda o le faccia sembrare matrone senza mutamento, pur non discostandosi di un millimetro dalla metratura della loro fondazione, le cattedrali variano i loro significati a seconda del tempo che gravita attorno ad esse.



[…] Le cattedrali mutano il loro intero senso al mutare dei tempi: pur rimanendo luoghi di richiamo cristiano, dove si esprime la cattedra del vescovo, esse si gravano di una polifonia di altre pregnanze assolutamente decisive per gli uomini, tali da far evolvere il loro concetto nel tempo. Nel febbraio del 1491, ad esempio, il frate Girolamo Savonarola, dal pulpito del duomo di Firenze, lanciò aspre invettive contro i prelati, dicendo che “niente di buono è nella Chiesa, dalla pianta del piede fino alla sommità non è sanità in quella”; oggi, quasi sei secoli dopo, a nessun Savonarola odierno sarebbe concesso di esprimersi dal pulpito dello stesso duomo. Se il luogo è lo stesso, se il pulpito è lo stesso, cosa è cambiato? È cambiata la concezione della cattedrale.



[….] La domanda dunque che ci dobbiamo porre è la seguente: preso atto che il significato della cattedrale muta al mutare dei tempi, […] quale o quali significati, quale funzione, quale compito assolve oggi una cattedrale? Ovvero, quale volto, quale compito, quale ruolo, hanno oggi le cattedrali e quale vorremmo che avessero per il momento in cui viviamo?

Non è una domanda oziosa. Chiedersi che significato abbia oggi una cattedrale o quale vorremmo che avesse, significa chiedersi quale importanza di senso, di memoria, di prospettiva, di azione, ricopre ancora una struttura che, in molti casi, ha secoli di storia alle sue spalle e che deve ancora dirci qualcosa di necessario sul presente per esser viva.



[….] Per i cristiani la cattedrale sarà sempre il luogo dove si va ad incontrare e pregare Cristo. Per gli abitanti di una città, indipendentemente dalla loro fede, la cattedrale è spesso l’emblema stesso della città, il suo simbolo per antonomasia. Inoltre per molte persone, non solo per gli studiosi, la cattedrale è un luogo di massima espressione artistica da tutelare e conservare. Ma per molte altre persone essa rappresenta il simbolo incarnato di un potere temporale che nei secoli è stato violento e repressivo. Per molte altre persone quest’edificio è la sede di una religione lontana dalla loro. Molte altre persone, verso questo edificio, hanno solo indifferenza. Dunque chiediamoci: per una società maturamente laica, per una società il cui principio più importante è il riconoscimento della molteplicità delle credenze, per cui il principio più rilevante e sacrosanto è gestire le diversità, quale compito, quale ruolo deve essere assegnato ad una cattedrale rispettando le credenze dei plures, dei molti?

È questa una domanda fondamentale: che ruolo ha una cattedrale nell’epoca della molteplicità delle credenze e nell’epoca degli attraversamenti di massa, quali sono quelli turistici e migratori a cui stiamo assistendo?

[….] In un’epoca e in un paese, attraversati da questi forti epocali movimenti (turismo di massa e forti migrazioni di transito), da pressanti richieste di costruzioni di altri luoghi di culto (moschee, sinagoghe, chiese protestanti), possiamo permetterci che la cattedrale restringa la complessità delle sue funzioni?

Possiamo cioè permetterci di entrare in una cattedrale, vestendo due soli panni: o quello del turista, che entra ed esce dopo aver visitato, sentendosi transitorio nel luogo che ammira, o quello del credente che entra e prega?

Occorre tentare di pensare un pensiero più alto: la cattedrale riacquisterà le sue funzioni quando ci sapremo trasformare in abitatori della cattedrale, non turisti, o solamente fedeli.

Che cosa intendiamo per abitare la cattedrale, e in generale, cosa intendiamo per abitare? Abitare viene dal latino habitare, che è un frequentativo di habere, avere. Tu abiti un luogo quando lo hai tuo. Lo hai tuo, non nel senso del possesso, ovvero che nei sei proprietario, ma nel senso che ne partecipi così stabilmente, così frequentemente, alla sua vita che lo senti tuo.

Dunque in che modo, nell’epoca del turismo di massa, delle alte migrazioni, si può abitare la cattedrale, oltre il suo frequentarla da fedeli (per alcuni o molti) e il suo visitarla come turisti? In che modo cioè si può pensare ad un compito diverso della cattedrale, non solo come luogo di preghiera (lo sarà ancora prevedibilmente per molto)?

La storia ci dice che una persona, gruppi di persone, o anche folti gruppi di persone, si sentono abitanti di un luogo quando questo luogo si rende disponibile e plasmabile a loro, interagisce con le loro volontà, i loro desideri, le loro credenze. Ma come può una cattedrale farsi anche spazio per quotidiani abitanti? Proprio questo è il problema che ci dovremmo porre, perché sarà ineludibile: la cattedrale, se non vorrà essere soltanto spazio di preghiera e spazio di transito turistico, dovrà farsi anche spazio per abitanti. E questi nuovi abitanti chi sono? Sono coloro che se ne prendono cura. Sono le associazioni, i comitati, le comunità, le aggregazioni di cittadini, che decidono di abitare la chiesa che amano: non sono soltanto i credenti. Sono coloro, tutti quanti, tutte quelle persone, che a vario titolo, a vario grado, con una competenza più o meno specifica, ma con ardore, sentono di volersi prendere cura del patrimonio della loro chiesa. Che vogliono riappropriarsi del loro patrimonio.