Sono 210 fogli, del formato di carta detto “reale”. Sono assemblati in sette fasce orizzontali di 30 fogli ciascuna. Il tutto compone una superficie di otto metri per quasi tre di altezza. Ogni capolavoro ha sempre un risvolto artigianale, e questo vale anche per il grande cartone di Raffaello che da oggi torna a nuova vita nella sala V della Pinacoteca Ambrosiana di Milano.



Il cartone rappresenta la Scuola di Atene, forse il più celebre degli affreschi realizzati dal genio urbinate per papa Giulio II. La rappresenta in scala 1:1, perché questo era il metodo che si seguiva: il disegno preparatorio veniva riportato sulla superficie da dipingere con la tecnica dello spolvero, cioè bucherellando il cartone e facendo passare della polvere di carbone nei fori. Proprio per questo i cartoni alla fine del processo erano malconci e destinati a essere distrutti. Ma quel cartone con la Scuola di Atene era risultato di una qualità talmente eccezionale che probabilmente si ricorse alla pratica di fare un cartone del cartone, salvando quindi quello che eccezionalmente è arrivato sino a noi.



È un reperto eccezionale che a Milano è arrivato grazie all’intuito di Federico Borromeo che lo aveva ottenuto in prestito da Fabio II Visconti: lo voleva come “scuola” per tutti quelli che si formavano alla pittura. Nel 1626 divenne definitivamente proprietà dell’Ambrosiana. Napoleone nel 1796 se lo portò a Parigi dove per quasi 20 anni restò esposto al Louvre, nella Galérie d’Apollon. Per fortuna con il Congresso di Vienna venne riconsegnato all’Italia e tornò così all’Ambrosiana. Durante la Guerra del ’15-18 fu portato per sicurezza Roma. Nel 1942 invece venne ricoverato nei caveau della Cassa di Risparmio delle Provincie lombarde. Insomma una vita avventurosa per questo capolavoro gigantesco e delicato.



Anche la conservazione ha sempre dato tanti grattacapi. Perché un disegno è delicato e non può essere tenuto a luce troppo intensa; solo nel 1905 si riuscì a proteggerlo con una teca di vetro, composta da tre lastre di cristallo. Oggi le tre lastre sono diventate una sola, ed è il frutto di quella perizia tecnico-artigianale che già aveva permesso di realizzare una superficie così grande, messa a disposizione di Raffaello. Infatti il cartone della Scuola di Atene è un emblema della genialità italiana, che sa sposare bellezza e intelligenza pratica.

La teca in cui da oggi è custodita l’opera e che ci permette di ammirarla nei suoi stupefacenti dettagli è un piccolo capolavoro tecnologico che garantisce perfetto controllo sulle condizioni del cartone, con rilevazioni wifi delle condizioni microambientali. Oggi in particolare il cartone di Raffaello è protetto da una lastra di vetro unica, prodotta espressamente e trasportata con mezzi eccezionali: per entrare nel Museo si è dovuta praticare un’apertura sul fianco dell’edificio, al piano dove il cartone è conservato.

La lezione del cartone di Raffaello nell’Italia del 2019 è proprio questa: genialità genera genialità. La bellezza genera una straordinarietà nelle soluzioni scovate per proteggerla. Se oggi entrando nella Sala V dell’Ambrosiana proviamo un’emozione che toglie il respiro è proprio in virtù di questa genialità al quadrato. Di fronte al cartone di Raffaello, l’architetto che ha studiato l’allestimento ha sistemato un grande tavolo di rovere, che è un altro capolavoro del nuovo design italiano: sopra sono stati posizionati libri, schermi, e altri materiali che sono un invito a fermarsi e ad esplorare il capolavoro. È una sorta di tavolo da lavoro a cui siamo chiamati per conoscere Raffaello, ma forse per conoscere un po’ meglio anche noi stessi.

P.S.: siccome è giusto dare i nomi, la teca è prodotta da Goppion, azienda italiana leader mondiale nel settore; il tavolo è di Riva1920, realtà produttiva di Cantù globalmente nota per gli arredi in legno massello; l’allestimento è firmato da Stefano Boeri, un’archistar che sa quanto conti valorizzare il passato per migliorare il presente. Complimenti all’Ambrosiana che ha saputo assemblare tutte queste eccellenze.