Nei giorni scorsi a Palermo si è svolta, nella cornice di Palazzo dei Normanni, in una gremita sala gialla, la presentazione del libro di Monsignor Michele Antonino Crociata Cristiani e Musulmani nei secoli… (Flaccovio, 2018). L’evento, promosso dall’Accademia nazionale della politica è stato introdotto e moderato da Bartolo Sammartino, presidente dell’Accademia e continua ad animare, in questi giorni, il dibattito sui social. Tra i relatori Magdi Cristiano Allam giornalista e scrittore, Tommaso Romano, presidente della fondazione “Thule”, Pasquale Hamel, giornalista e direttore del Museo del Risorgimento di Palermo. Insieme a loro Antonio Di Janni, delegato per la Sicilia del Sacro Militare Ordine Costantiniano e Nicolò Rizzo, sindaco di Castellammare del Golfo, mentre Monsignor Crociata ha scelto di sedere tra il pubblico insieme alle altre autorità civili e religiose.
Nel testo, che alterna storia ed attualità, viene analizzato un problema difficile e da sempre irrisolto; un evento epocale, che ancora oggi assilla il mondo e, in particolare, l’Italia e l’Europa dopo le invasioni barbariche (secoli II-V d.C.) e dopo gli incontri e scontri, spesso catastrofici, degli ultimi 14 secoli. Oggetto dello studio è l’esperienza delle odierne migrazioni afro-asiatiche nel vecchio continente, con gli interrogativi, a tratti scomodi, che ne scaturiscono.
Al lettore, ma anche a chi si trova in posizioni di responsabilità politica e strategica, viene proposta una visione complessiva e diacronica del fenomeno, che affonda le radici nelle lezioni della storia per potere rispondere alle interpellanze e alle gravi esigenze del tempo presente.
Che il tema dell’incontro fosse caldo lo si è capito subito dalla massiccia affluenza che ha determinato qualche momento di tensione all’ingresso di Palazzo dei Normanni. Un incontro impegnativo sul piano storico culturale, con al centro un tema di profonda attualità, evidentemente molto avvertito: il rapporto tra cristiani e musulmani.
Bartolo Sammartino ha introdotto il tema rivelando il filo rosso di tutto l’incontro: non un vago exursus politicamente corretto per un dialogo a tutti i costi tra cristiani e musulmani, ma un viaggio alla riscoperta dell’identità e della reale natura delle due grandi religioni monoteiste.
Al centro del dibattito la necessità di un dialogo autentico tra le due culture ponendo al centro il primato della persona, senza trascurare alcuni interrogativi scomodi che un approccio politically correct di fatto censura per timori di varia natura più che per rispetto sincero dell’alterità.
Identità e storia sono proposte come chiave di lettura dei fenomeni delle odierne migrazioni afro-asiatiche nel vecchio continente. Un realismo schietto, che non nasconde le sostanziali differenze fra le due culture, i rischi o i contrasti atavici, anzi li osserva con lucidità e rigore storico, ma che riafferma, al contempo, la precedenza del valore del rispetto della persona in quanto tale, senza tuttavia, per questo, tradire o obliterare le proprie radici identitarie.
Fra storia, filosofia e attualità si è mosso l’intervento di Pasquale Hamel, studioso di lungo corso, che ha curato, tra l’altro, la postfazione del libro. Il giornalista e scrittore non ha rinunciato a introdurre nella riflessione qualche domanda scomoda riguardante proprio la tolleranza, fino a che punto cioè la tolleranza possa spingersi e se è giusto che questa condizioni il diritto di critica o l’esposizione di un libero pensiero. Se “la forza dello spirito si misura su quanta verità è in grado di sopportare” — prosegue Hamel citando Nietzsche — questo dà la misura di quanto l’occidente oggi sia sempre meno in grado di sopportare l’impatto con la realtà e si rifugi in valori ideologici indiscutibili o riduca questioni complesse in concetti rigidi ed assoluti come ad esempio, quello di islamofobia, che non tengono conto della complessità storica, sociologica, culturale e non si prestano a nessuna valutazione o confronto. Una incapacità di osservare, valutare o criticare la realtà, dovuta proprio allo smarrimento della propria identità. Una delle cause: il relativismo nichilista che ha ucciso il sacro e che ora aggredisce anche i fondamenti della stessa laicità. Un lento e progressivo declino del mondo occidentale — quello descritto da Hamel — che arriva perfino a negare se stesso e che ha svenduto in nome del benessere materiale quella identità forte che lo aveva reso grande nel corso dei secoli. Non più un confronto fra identità ma una resa acritica e sistematica.
Nella ripresa il moderatore Bartolo Sammartino ha sottolineato un inedito punto di vista che potrebbe accomunare le due culture nella critica al nichilismo occidentale che ha espulso dallo spazio pubblico il diritto alla propria identità religiosa. In questo senso si delinea quasi un fronte comune che vede cristiani e musulmani contrapposti non tanto fra loro, quanto più resistere ad un certo laicismo imperante che vorrebbe azzerare non solo la cultura cristiana, ma laicizzare e obliterare il portato storico, artistico, culturale, oltre che religioso, di culture millenarie. Tema questo che investe anche i non credenti.
Quanto detto poi riecheggia nella lettura del testo di monsignor Crociata. L’autore non risparmia critiche ai cristiani e a certe istituzioni ecclesiali che propongono un cristianesimo sbiadito e in arretramento rispetto ad alcuni tratti identitari fondamentali della fede cristiana, invitando tutti genericamente a volersi bene senza mettere a fuoco la sorgente di questa benevolenza, che non dialoga, ma arretra e si svuota, quasi per consunzione, in nome del dialogo. Condizione imprescindibile di un dialogo reale — sottolinea il prelato — infatti, è il radicamento nell’identità, non un arretramento.
“Se tutto è verità niente è verità”, ha affermato Tommaso Romano cominciando il suo intervento, ponendo anche lui l’accento sull’arretramento di certo cristianesimo rispetto alla propria fede e sottolineando il pregio di un opera come quella di Crociata, che ripropone la questione nei termini che le sono propri, non essendo possibile un reale confronto fra soggetti non più pienamente consapevoli della loro reale identità. Monsignor Crociata non fa in questo libro un’apologia del cristianesimo — ha proseguito Romano — ma pone un problema di metodo che vuole rimettere al centro i temi reali del confronto cercando di scalzare un buonismo di seconda lega, totalmente inadatto al confronto su questioni fondamentali. La tendenza al sincretismo poi, sempre più diffusa è, in realtà molto pericolosa. Bisogna valorizzare quegli strumenti, come il testo in questione e pochi altri, che resistono al politicamente corretto e al sostanziale crollo delle idee.
Culmine del momento, l’intervento del giornalista e scrittore Magdi Cristiano Allam, che ha posto al centro alcuni interrogativi scomodi circa la compatibilità da un punto di vista dell’ordinamento giuridico delle due concezioni, cristiana e musulmana, sotto il profilo antropologico. Partendo dalla sua personale conoscenza ed esperienza del mondo islamico, Allam, richiamandosi al testo, mette in guardia sui rischi di questo indebolimento della identità cristiana. “Se ci si presenta ad un dialogo privi della propria identità si verrà percepiti dagli altri non come interlocutori, ma come terra di conquista”. Nell’attuale contesto storico il giornalista di origini egiziane vede un parallelismo con il tempo della decadenza dell’impero romano. “Come allora un primo dato allarmante è il crollo demografico di cui si snocciolano numeri preoccupanti. L’impero romano reagì spalancando le porte allo straniero e concedendo la cittadinanza romana a tutti i sudditi dell’impero a prescindere dalla condivisione dei valori che sostanziavano la civiltà romana e anche all’epoca all’insegna del relativismo, tema che permea il libro di monsignor Crociata, venne meno la certezza dei valori e delle regole e si diffuse la dissolutezza sul piano dei costumi”.
Anche da un punto di vista economico vi sono secondo Allam delle similitudini. “Anche all’epoca c’era una crisi economica strutturale e tasse sempre più pesanti che gravavano sui cittadini romani. Questo creò disordini e sommovimenti che solo con l’avvento del cristianesimo, capace di valorizzare tutta la cultura classica greca e romana e fondando nuovi valori comuni, confluirono e consolidarono una nuova civiltà in grado di generare la cultura dell’umanesimo, del rinascimento e persino quella laica e liberale, di matrice illuminista, che oggi conosciamo”.
Il giornalista ricorda che il cristianesimo “è l’unica civiltà che riconosce la sacralità della vita di tutti, la libertà religiosa compresa la libertà di non credere in alcun Dio senza che per questo venga mai meno il rispetto per la vita, per la dignità e per la libertà”.
E gli interrogativi, purtroppo, appaiono particolarmente acuti in un momento in cui in Pakistan, nel ventunesimo secolo, si può essere condannati a morte per blasfemia soltanto per non avere rinnegato il proprio credo cristiano, come dimostra l’assurda vicenda di Asia Bibi. Il fenomeno delle persecuzioni dei cristiani è divenuto così eclatante che anche Amnesty International ha iniziato ad occuparsene.
Infine, a partire dalla considerazione statistica secondo cui in Europa interi territori all’interno di grandi città europee sono già a prevalenza musulmana con un trend in crescita, Allam ha sottolineato la necessità del “rispetto delle regole o l’adesione a una comune base valoriale”, tenuto conto che talune regole fatte proprie dai regimi islamici sono palesemente in contrasto con le nostre leggi ad esempio in ambito di diritto di famiglia e di diritti della donna.
Secondo Allam, infatti “in caso di sorpasso demografico o di occupazioni di territori sempre più vasti di comunità musulmane sempre più ampie, potrebbe cambiare il modo di vivere nei territori europei. Tutto questo non è lontano da noi ma già accade in Europa. Ma prima di affrontare o criticare la loro violenza è necessario per l’occidente occuparsi della propria fragilità, della propria ignoranza e pavidità, della sottomissione agli interessi materiali: petrolio, gas, eccetera”.
Secondo il giornalista occorre rifuggire però atteggiamenti discriminatori o fondamentalisti nei confronti dei musulmani. “E’ necessario fortificarsi dentro nel più assoluto rispetto dei musulmani come persone, che vanno valutate e accolte nella loro individualità. Non bisogna criminalizzare né discriminare i musulmani come persone, ma dobbiamo esigere all’interno di questa casa comune, nei nostri territori, che essi si comportino né più e ne meno così come sono tenuti a comportarsi tutti i cittadini: rispettare le stesse leggi, ottemperare le stesse regole, condividere gli stessi valori”.
Infine un appello alla libertà di opinione che non può valere soltanto nei confronti del cristianesimo. “Le persone si rispettano tutte, ma legittimamente si possono criticare delle idee, delle ideologie, delle religioni”.
La presentazione del libro, con il suo contrappunto di storia e attualità, offre ampia materia di riflessione a chi si trova in posizioni di responsabilità politica e strategica.