Il libro Le riforme dimezzate di Marco Leonardi, appena uscito, è un lettura interessante per chi vuole capire come funziona il mercato del lavoro in Italia, i problemi dei bassi salari, il sistema pensionistico e del welfare. Leonardi unisce al rigore accademico sia la capacità di usare un linguaggio comprensibile, sia la forza della sua esperienza maturata nel lavoro fatto a palazzo Chigi con i governi Renzi e Gentiloni.



L’intento del libro è quello di dimostrare che l’insieme delle riforme e dei provvedimenti adottati negli ultimi quattro anni è legato da una visione della società incentrata sulla centralità della persona, sull’accettazione delle sfide tecnologiche e non che ci troviamo davanti, su una visione economica di tipo liberale che riconosce alcune prerogative allo Stato, ma al contempo considera indispensabile ed essenziale il ruolo dei soggetti privati anche nell’erogazione dei servizi pubblici.



Sul tema del lavoro e del Jobs Act l’enfasi è posta sulla protezione del lavoratore sul mercato e non sulla protezione del posto di lavoro in azienda. L’abolizione dell’articolo 18, la riforma dei sussidi di disoccupazione (la cosiddetta Naspi), la cancellazione della cassa integrazione per cessata attività e della cassa in deroga, il Jobs Act degli autonomi, la possibilità di variare le mansioni dei lavoratori anche verso il basso senza toccare la retribuzione, sono tutti strumenti di questo disegno.

La parte centrale del libro è dedicata all’analisi dell’andamento dei salari e sottolinea come essi crescono troppo lentamente, soprattutto perché in Italia dal 1995 la produttività del lavoro non cresce. Leonardi sa bene che su questo il Governo non può fare molto, tuttavia nei quattro anni presi in esame alcune strade sono state tentate, dal cercare di favorire la contrattazione decentrata, alla detassazione dei premi di produttività, alla legge sul welfare aziendale. Non si sofferma invece l’autore sui famosi 80 euro di Renzi che paiono a chi scrive una misura non coerente con l’impianto generale e, seppur meglio strutturata, non molto diversa dal dibattito in corso sul reddito di cittadinanza.



Il terzo capitolo dedicato alle pensioni sottolinea la condivisione essenziale dell’impianto della legge Fornero, pur identificando la necessità di correzioni quali ad esempio quelle di prevedere un articolato sistema di eccezioni mirate per coloro che vivono situazioni più disagiate (disoccupati, disabili, lavoratori gravosi). L’Ape sociale e l’Ape volontaria erano nelle intenzioni strumenti per muoversi lungo questa direttrice. Anche su questo tema è chiara la posizione di Leonardi: “Espandere ulteriormente la spesa previdenziale avrebbe l’effetto di spostare ulteriormente il peso della spesa sociale verso le classi più anziane, andando a drenare ulteriori risorse ai giovani”.

L’ultimo capitolo affronta il tema della lotta alla povertà evidenziando la politica più specifica adottata in questo ambito che è il Rei (Reddito di inclusione), che prevede un sostegno economico (invero modesto, che va da 187 euro al mese per un single a 534 euro per una famiglia numerosa) per chi ha un Isee non superiore a 6mila euro e un patrimonio immobiliare diverso dalla prima casa non maggiore di 20mila euro.

Il titolo del libro però ci suggerisce che l’autore è conscio dei limiti di questo percorso di riforme. Limiti intrinseci ai singoli provvedimenti (ad esempio insufficienza delle risorse messe a disposizione o la sottovalutazione dei processi burocratici e dei tempi di attuazione) e limiti esterni. Questi ultimi appaiono molto rilevanti e vanno da una scarsa capacità di dialogo con i corpi intermedi (inclusi i sindacati), alla paura di perdere consenso prima delle tornate elettorali, alla difficoltà conseguente all’esito del referendum costituzionale che ha mantenuto una forte confusione in tema di competenze regionali e statali.

Infine, vi sono alcuni limiti del periodo contraddistinto dai governi Renzi e Gentiloni, su cui Leonardi non si sofferma a sufficienza. Il primo è il fallimento (l’ennesimo da 20 ani a questa parte) di un sistema di politiche attive; senza di queste l’intero Jobs Act perde gran parte della sua utilità. Certamente la confusione di competenze tra i diversi livello di governo non aiuta, ma ci sono cose che potevano essere fatte, prima fra tutte il potenziamento di un sistema educativo e di formazione professionale su cui i governi Renzi e Gentiloni ben poco hanno fatto (ad eccezione di un primo intervento sugli Its) se non un faraonico e discutibile (per giunta elettoralmente rivelatosi un boomerang) piano di assunzioni nella scuola.

La seconda criticità, figlia anche di una certa incapacità di dialogo con persone esterne all’amministrazione e magari talvolta anche critiche, è stata la sottovalutazione dei procedimenti che rendono effettiva ed efficace una buona legge. Senza dialogo vero con gli attori i procedimenti attuativi (decreti legislativi, erogazione dei servizi, ecc.) possono produrre risultati ben diversi da quelli auspicati.

In ogni caso il libro è uno strumento di confronto prezioso che rivela una rara onestà intellettuale, una capacità critica che non si lascia sopraffare dalla legittima aspirazione di difendere il faticoso lavoro svolto nei 4 anni in cui l’autore è stato al centro delle decisioni più rilevanti sui temi trattati.

Un libro quindi che vale la pena di essere letto da tutti, perché non è autoreferenziale, non si sofferma sul dibattito, invero piuttosto sterile, interno del Pd, ma che offre una chiave di lettura per i problemi del Paese.

“Le riforme dimezzate” di Marco Leonardi (Egea 2018) viene presentato oggi, 19 novembre, alle ore 18 presso la Piazza dei Mestieri a Torino. Info su www.piazzadeimestieri.it