L’attesa di Natale entra nel vivo negli ultimi giorni di dicembre. I bambini hanno scritto le letterine, i grandi corrono tra negozi e traffico. Il tempo è sempre breve, l’aria più fredda.
Anche la liturgia della Chiesa sembra risentire di un clima più vigile e con la pacatezza che le viene dai secoli lo accompagna dal 17 al 23 dicembre con sette antifone che si aprono tutte con l’invocazione “O” rivolta al Signore che viene.
O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo, ti estendi ai confini del mondo e tutto disponi con soavità e con forza: vieni, insegnaci la via della saggezza.
O Signore, guida della casa d’Israele, che sei apparso a Mosè nel fuoco del roveto e sul monte Sinai gli hai dato la legge: vieni a liberarci con braccio potente.
O Germoglio di Iesse, che ti innalzi come segno per i popoli: tacciono davanti a te i re della terra e le nazioni t’invocano: vieni a liberarci, non tardare.
O Chiave di Davide, scettro della casa d’Israele, che apri e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire: vieni, libera l’uomo prigioniero che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.
O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.
O Re delle genti, atteso da tutte le nazioni, pietra angolare che riunisci i popoli in uno, vieni e salva l’uomo che hai formato dalla terra.
O Emmanuele, nostro re e legislatore, speranza e salvezza dei popoli: vieni a salvarci, o Signore nostro Dio.
I testi sono tutti intessuti di citazioni dell’Antico Testamento, testimoni della lunghissima attesa di Israele, la melodia gregoriana insiste sulla “o” iniziale con una corolla di note, quasi a esprimere meraviglia e adorazione.
Che cosa possono dire oggi queste composizioni cadute nell’oblio, preghiere di chi ben sapeva di non essere felice e cercava l’aiuto che viene dall’alto? Il bambino piange quando ha fame o sonno, quando ha male; la mamma accorre, lo soddisfa con la sua premura e il pianto si acquieta.
Gesù viene per tutti coloro che siedono all’ombra della loro tristezza originale, illumina il buio che li circonda e che penetra dentro il loro cuore. La sua luce risplende e ogni cosa è illuminata. Ogni uomo, anche quello distratto e impaurito, gioisce e può conservare in sé almeno il ricordo di un chiarore ignoto.