Voland/Pilato/Gli amanti. Nei sottotitoli quasi sempre si nasconde il senso di un’opera. A volte anche a teatro. E così questo Maestro e Margherita prodotto da Teatro de Gli Incamminati e debuttante a Milano in questi giorni al Salone di via Dini ospite di Pacta dei Teatri fino al 20 gennaio, dichiara subito su cosa concentra la sua attenzione per districarsi dentro uno dei più enigmatici, caotici e affascinanti romanzi del XX secolo.
I protagonisti sono presi uno a uno e guardati nell’anima, definiti nel carattere e nel volto, messi in relazione non necessariamente secondo la logica narrativa del romanzo bulgakoviano. Ciascuno si svela dal nulla e compare sulla scena raccontando la sua storia come in una specie di Spoon River e interroga lo spettatore: anche tu, qui? Sulla scena del mondo?
Questa scelta nuova e davvero avvincente viene da lontano. Durante la scorsa stagione sono venuti alla luce 3 piccoli spettacoli indipendenti che hanno avuto una loro breve e intensa vita: prima Voland, poi Pilato, infine Gli amanti.
Hanno provato a vivere una loro esistenza indipendente, a raccontare la loro sventurata vicenda e a cercare una via d’uscita. Al termine si sono incontrati in una nuova messinscena, stavolta corale, che portasse nella sua struttura tutta questa storia particolare.
E’ un modo certamente originale per entrare in questo capolavoro che mostra di essere più contemporaneo che mai, più di quando fu scritto in epoca staliniana.
Il giovane drammaturgo Fabrizio Sinisi e il regista Paolo Bignamini trascinano la vicenda dello sfortunato scrittore e della sua segreta amante in una Milano contemporanea, caotica e assolutamente indifferente ai loro destini. Voland appare per primo sulla scena, sornione e sarcastico si prende gioco della sicumera ideologica delle persone che hanno una ricetta certa per spiegare il mondo e così svela i metodi che predilige per catturare le loro anime: i dettagli, le vane speranze, i rancori nascosti nelle pieghe delle illusioni. Poi in un colpo di scena appare Pilato, una visione iconica a metà fra il Cristo velato e la morte di Marat. Ma cosa c’entra la vicenda di Pilato? Anche nel romanzo di Bulgakov è piantato nel cuore del racconto come una spada. Apparentemente solo un pretesto letterario: è il personaggio a cui il Maestro ha dedicato la sua prima e unica opera, ma da subito si capisce che è lui il fulcro della narrazione, il buco nero che mette in movimento ogni pensiero. L’uomo più solo dell’umanità è condannato dal Destino a rimanere per sempre di fronte alla Verità: un uomo che ha amato nonostante tutto, ma che non ha saputo salvare per farsi a sua volta salvare da lui. Per codardia non ha detto quel che avrebbe voluto dire: “Ti libero. Voglio stare con te”. Così la grande occasione si è perduta nel nulla come lui stesso, condannato per l’eternità a ripensare a quell’istante. A quel volto. A quelle parole. “Cos’è la verità” gli ho chiesto, ma lui non mi ha risposto. Non ha risposto, non ha detto parole, ma era lì davanti a lui. E gli sarà di fronte per l’eternità. “Siamo tutti come Pilato”, dirà di lì a poco Margherita, e questa è la chiave di tutto il romanzo e di tutta la pièce.
Ecco allora comparire il Maestro, un giovane scrittore dentro a una vita banale medicata dal furore della scrittura. Pilato è il personaggio che occupa tutta la mente. “Ero felice”, dice, “eppure mi mordeva un’immensa nostalgia, un’attesa, un’inquietudine”. Identica a quella di Margherita, la cui vita si era mangiata tutto il suo disperato bisogno di felicità. Esplode inatteso l’amore e insieme ad esso il romanzo di Pilato. Ma come ogni storia umana anche questa finisce in tragedia: un editore cinico rifiuta di pubblicare l’opera e non contento, si prende pubblicamente beffe di lui e del suo personaggio. Lui impazzisce e sparisce dall’orizzonte di Margherita che ritorna al suo quotidiano più simile alla morte che alla vita.
Ebbene? Che c’è di strano? Non è in fondo la vicenda di tutti gli uomini, di tutte le epoche? Che strano destino è quello degli uomini che desiderano l’eternità o la felicità, ma sono contraddetti dalla loro stessa la vita… Sembra di sentire le parole finali della Canzone della bambina portoghese di Francesco Guccini:
E poi, e poi, che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere,
ma il qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere, vivere e poi, poi vivere…
Ci trasciniamo delusi eppure speriamo segretamente che qualcosa riaccada. Accada, come per qualche istante è accaduto, che l’impossibile squarci questo orizzonte.
Che venga un Voland, un mago, un demonio, un dio imprevisto, ma atteso, che ci dica: sei libero! Come a Margherita, come al Maestro, come a Pilato.
Mario Cei un perfetto demonio, sarcastico e malinconico. Luciano Mastellari, il suo Pilato ci fa star male. Matteo Bonanni e Federica D’Angelo commuovono con la loro storia d’amore. Pazzo chi perde questa occasione.
Informazioni su: incamminati.it