Caro direttore,
per fortuna anche questa giornata dedicata al ricordo delle foibe istriane sta finendo. Non se ne poteva più, specie sui social. A chi dice di ricordare la Shoah, risponde chi ricorda le foibe. Così come se si vuol offendere e insultare qualcuno, basta dargli del “fascista!” o (molto meno, in verità) “stalinista o comunista”. A costo di sembrare irriverente, sarebbe ora di finirla con questo tifo da stadio, finirla con questa visione della Giorno del ricordo (10 febbraio) o anche della stessa Giornata della memoria (27 gennaio) e perfino della prossima Giornata europea dei Giusti che ci si appresta a celebrare il 6 marzo (proposta a suo tempo proprio per superare quel dualismo).



La cosa più avvilente nella celebrazione di queste giornate consiste nel fatto che si fa ormai una semplice conta dei morti, riducendo tutto a una competizione fra ideologie su chi abbia fatto più vittime.

C’è uno straordinario saggio di Cvetan Todorov che tratta benissimo di questo strabismo ideologico e si intitola Memoria del male, tentazione del bene (Garzanti). Con la memoria ridotta ad una miserabile concorrenza fra vittime si rischia di trasformare la tragedia del Novecento in una favoletta in cui la morale è attenti al lupo. Ovvero qualcosa che non insegna più niente a nessuno.



Questo perché invece di fare memoria per riflettere, si finisce per imbalsamare la memoria stessa in un “gioco” ai massacri del passato. E non ci si accorge del nuovo subdolo e più terrificante nemico di noi tutti, oggi, che è l’ideologia del consumismo e del nichilismo.

Vorrei che tutti coloro che battagliano “contro” in nome delle vittime di destra e di sinistra, deponessero le armi (non la memoria, anzi!) e indirizzassero le loro energie al nemico che ieri ha vinto sia il fascismo che il comunismo e che oggi prospera allegramente. Ha vinto perché si nascondeva dietro la parola libertà e democrazia (e benessere) mentre ora non può più nascondersi: tale mostro è il materialismo borghese, che ha due teste e due bocche, come il Lucifero di Dante (che in verità ne ha tre) le quali sono appunto consumismo e nichilismo. Questi due mostri ci stanno distruggendo e la loro linfa è l’ateismo. Infatti, come ieri il vero nemico del comunismo – sia quello sovietico che titino – non era la democrazia ma la dimensione religiosa, così accade oggi con il materialismo borghese e consumistico, che dietro la parola libertà (nella versione pratica “faccio quel che mi pare e piace”) e dello spirito libertario genera il mostro della cultura dello scarto.



Ma come ieri l’utopia materialista ha vinto mimetizzandosi nei totalitarismi e sopravvivendo ad essi, così oggi, camaleontica, continua a prosperare. Ed è sotto gli occhi di tutti la tragedia che tale ideologia del benessere di massa (si dovrebbe cominciare a dire malessere) sta generando: dall’umiliazione della vita e della dignità dell’uomo che non sembrano valere più nulla alle mille forme di violenza dell’uomo sull’uomo. Una persona che ha chiaro questo contesto in maniera perfetta e profetica è Papa Francesco, il quale alterna la denuncia della cultura dello scarto all’annuncio dell’evento essenziale per tutti (Gesù Cristo).

Rammarica il fatto che quel mostro a due teste sia riuscito a far breccia nel nostro tempo: infatti non c’è ricorrenza oggi della memoria delle vittime del passato che non veda i protagonisti-celebranti diventare statue di sale, come la moglie di Lot, con la testa impietrita rivolta al passato, a guardare indietro e non accorgersi della tragedia che si sta consumando sotto i loro occhi.