La parola araba “nizam” letteralmente significa “sistema”, ma viene quasi sempre tradotta come “regime” nei media e nella divulgazione occidentale. Il trono di sabbia, libro edito da Rosenberg & Sellier, tenta di scandagliare a fondo quelle che sono le radici del “sistema”, cercando di capire trasformazioni, dinamiche ed equilibri di potere che lo caratterizzano nell’area denominata Mena. Una definizione anglo-sassone (Middle East and North Africa) che indica quella macro-regione che va dal Marocco fino alle propaggini dell’oriente islamico in Pakistan.



Per riuscire in tale operazione, quella di indagare a fondo i meccanismi del “sistema” mediorientale, il volume propone un florilegio di interviste a giornalisti e accademici (talvolta entrambe le cose a un tempo) esperti dell’area in questione, raccolte dalla rivista Pandora. La bussola scelta per orientare la ricerca de Il trono di sabbia è il concetto di Stato, una categoria politica tendenzialmente “occidentale”, innestata in un contesto complesso e composito come l’area Mena.



Sin dalla prefazione al libro di Paolo Magri, direttore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), viene chiarito un particolare essenziale: la regione del Medio Oriente e del Nord Africa sta affrontando un’evidente crisi di governance a partire dalle sollevazioni di piazza del 2011, passate ormai alla storia come “primavere arabe”. Di fronte a tali eventi, la risposta dello Stato nei vari paesi coinvolti è stata variegata e specifica a seconda delle situazioni.

E’ il caso di Stati profondamente modificati dalle manifestazioni, come la Tunisia; di Stati falliti come la Libia e lo Yemen; di Stati in cui i regimi al potere hanno dimostrato una resilienza tale da restare in sella e addirittura operare un’ulteriore stretta autoritaria sul dissenso (come nel caso dell’Egitto); è il caso, ancora, di stati come la Siria dove la voglia di cambiamento espressa dalle piazze ha ceduto il passo alla guerra civile, rompendo definitivamente il patto sociale che lega lo Stato ai propri cittadini; è il caso di Stati – come il Marocco, la Giordania e in parte i paesi del Golfo – dove la legittimazione religiosa del potere ha avuto un ruolo di capitale importanza nel preservare lo status quo.



Per vagliare con precisione questi aspetti, in una prospettiva locale e regionale a un tempo, Il trono di sabbia – dopo un’introduzione a cura di Giacomo Bottos – presenta due sezioni di interviste. Una tematica – con ciascuna intervista dedicata ad un argomento – e una monografica, con dialoghi dedicati a un singolo paese in ogni capitolo. Sollecitati dalle domande di Francesco Rustichelli, Francesco Salesio Schiavi, Jacopo Scita e Gabriele Sirtori, esperti d’area come Alberto Negri, Rosita Di Peri, Giacomo Luciani, Massimo Campanini, Irene Costantini e Francesco Cavatorta dissertano su alcuni temi fondamentali per comprendere “lo stato dello Stato” nell’area Mena.

Dalla questione legata alla legittimità – con le ideologie socialiste, panarabiste e panislamiste del 900 a fare da driver fondamentale per creare consenso intorno ai regimi – allo spettro del settarismo, agitato spesso dal potere come spauracchio per consolidare la propria autorità. Di grande interesse anche il rapporto tra Stato ed economia nei cosiddetti rentier states, quei paesi – cioè – che devono una porzione sostanziale del loro reddito nazionale alla rendita assicurata dalla vendita all’estero di una materia prima. Gli idrocarburi, nel caso di Arabia Saudita, altri paesi del Golfo e in parte Libia e Algeria. Infine, tema imprescindibile per parlare di Stato nell’area Mena, c’è spazio anche per un’ampia riflessione sul ruolo dell’islam come fattore di coesione, o viceversa di contraddizione, nel paradigma politico regionale. 

Il secondo troncone di interviste, invece, si concentra sui singoli Stati tramite i dialoghi con esperti del calibro di Valeria Talbot, Annalisa Perteghella, Cinzia Bianco, Giuseppe Acconcia, Lorenzo Trombetta, Alberto Gasparetto e Arturo Varvelli. Ad ognuno di questi specialisti è affidata la disquisizione sul tema dello Stato in singoli paesi arabi, dalla Libia all’Egitto passando per le monarchie del Golfo, e dei due principali paesi non-arabi dell’area: Iran e Turchia. In ciascuna di queste realtà locali è possibile analizzare dinamiche particolari nel rapporto tra Stato, potere, forme di controllo – spesso repressivo – nell’eterna dicotomia foucaultiana tra discorsi e pratiche. Lo Stato, che secondo la definizione weberiana deve mantenere ben saldo nelle proprie mani il monopolio della violenza, persegue questo obiettivo in un percorso spesso accidentato. Minacce all’ordine costituito come il terrorismo, spesso utilizzato per giustificare lo “stato di eccezione” dei regimi autoritari, e sfide economiche come la distribuzione delle risorse sono solo due tra i tanti elementi che legano l’un l’altra queste realtà regionali.

Insomma, Il trono di sabbia è un piccolo vademecum godibile e di pregio per un pubblico non necessariamente specialistico, ma semplicemente curioso e attento ad un quadrante – quello dell’area Mena – “che mantiene un grandissimo rilievo in relazione agli equilibri globali”. Per dirla con le parole dell’introduzione a cura di Giacomo Bottos.