Abramo, Voegelin e O’Connor, in un legame apparentemente improbabile, trovano il loro inaspettato punto di incontro in una recensione scritta da Flannery O’Connor (1925-1964) nel 1958.

La scrittrice americana, da metà degli anni Cinquanta fino al 1964, anno della sua morte, recensì oltre un centinaio di libri – tra saggi e romanzi – per due giornali diocesani della Georgia, considerandolo parte della propria vocazione e della propria partecipazione alla vita della Chiesa.



L’elenco degli autori trattati ci conferma tra l’altro l’attenzione per la cultura e il cattolicesimo europei che la stessa O’Connor ammette nelle proprie lettere: da Guitton a Guardini, da Gilson a de Lubac, a Eliade, e poi Mounier, Mauriac, Péguy. Tra queste recensioni, anche quelle relative ai tre volumi allora pubblicati di Ordine e Storia di Eric Voegelin (1901-1985).



Riportiamo qui per intero una traduzione originale della recensione che riguarda il primo di questi volumi (Israele e la Rivelazione) per il suo particolare valore di giudizio e di visione. In essa la O’Connor individua nella partenza di Abramo da Ur il nodo centrale del libro e la chiamata da parte di Dio come il punto di rottura, lo strappo da cui nasce la storia (non è più l’uomo che cerca Dio, ma è Dio a cercare lui) e per la quale l’uomo compie il proprio “salto nell’essere” (leap in being).

Ed è significativo che la O’Connor — attraverso Voegelin — opponga alla mentalità dei suoi tempi proprio questo “salto” o, detto solo in maniera diversa, la nascita dell’io; un tema la cui centralità peraltro, in un periodo così segnato dalla “fragilità dell’essere” come il nostro, è ancora più attuale e non certo ascrivibile a una sola discussione tra studiosi.



(The Bulletin, 15 novembre 1958. Eric Voegelin, Ordine e Storia. Volume I, Israele e la Rivelazione, Louisiana State University Press, 1956; di Flannery O’Connor) “Questo è il primo dei sei volumi di uno studio, Ordine e Storia, che, per ampiezza di immaginazione e precisione, oggi è probabilmente senza pari tra quelli cui è paragonabile per obiettivi nell’ambito della filosofia della storia. Israele e la Rivelazione inizia con l’esame delle culture arcaiche dell’antico Vicino Oriente e del loro ordine cosmologico. Voegelin considera l’inizio della storia come uno strappo nello sviluppo della civiltà che ebbe inizio con l’esodo di Abramo da Ur, che continuò quando Israele fu guidato da Mosè fuori dall’Egitto e divenne un popolo sottomesso a Dio e, infine, con la caduta del Regno davidico, è proseguita con il movimento profetico oltre lo stesso concreto popolo di Israele verso la visione di un Israele come il Servo Sofferente di Dio. Nel mondo ellenico l’uomo cercava Dio, nel mondo ebraico è Dio che cerca l’uomo. La vera storia inizia quando l’uomo accetta il Dio Che È, Colui che lo cerca. Questo studio monumentale, di cui sono stati finora pubblicati tre volumi, è stato paragonato per importanza al lavoro di Vico, Hegel, Spengler, e Toynbee. Tuttavia, a differenza di Spengler e Toynbee, Voegelin non vede la storia come cicli di civiltà, ma come un Viaggio, fuori dalle civiltà, di un popolo che ha spiccato il ‘salto nell’essere’, e ha accettato un’esistenza sottomessa a Dio. Lo studio è un ulteriore passo avanti oltre Toynbee, in quanto risponde in modo soddisfacente al comparativismo che guarda a tutti i movimenti spirituali come fondamentalmente simili e di uguale importanza. ‘Senza Israele non ci sarebbe storia, ma solo l’eterno ritorno di società in forma cosmologica’. Eric Voegelin è ultimamente ritornato all’Università di Monaco, da cui era stato espulso dai nazisti”.