Nel cuore della Bulgaria, sul culmine di una montagna a 1500 metri di altezza sorge un edificio che ha qualcosa di lunare. Sembra una sorta di enorme disco volante planato sulla terra; un malinconico ammasso di cemento armato che non si capisce cosa ci stia a fare lì, isolato dal mondo. Eppure quella struttura stravagante era stato frutto di un disegno preciso: un centro congressi costruito nel luogo dove nel 1891 Dimitar Blagoev aveva fondato il Partito socialdemocratico bulgaro, da cui sarebbe poi nato il Partito comunista.
Venne edificato nel 1981, ma dal 1991, anno della caduta del regime di Sofia, giace come un relitto abbandonato, carico dei segni di una retorica di regime su cui continuano a infierire tutti quelli che per curiosità salgono sin quassù.
Tra le tante scritte vecchie e nuove, a un certo punto ne è comparsa una in vernice rossa: “Never Forgot Your Past”. E poco più sotto, un murales realizzato in stile pubblicità della Coca-Cola, con lo slogan “Enjoy Communism”.
A salire sin lassù e a lasciare quei segni era stato un artista italiano, impegnato in uno strano e caparbio progetto. Lui si chiama Giovanni Vitali e per quattro anni ha battuto i Paesi dell’Est europeo per toccare con mano quei segni di un passato recente che forse è stato con troppa facilità dimenticato. Vitali è di una generazione ben successiva a quell’oscura stagione della storia. Ma proprio questa sua “estraneità” anagrafica è stata la leva che lo ha mosso in questo percorso di ricerca artistica, dal sapore clandestino.
Come l’astronave bulgara sulla montagna di Buzludzha, quel periodo di storia risuona minacciosamente oscuro nell’immaginario di un ragazzo nato alla fine degli anni 80. Vitali, che non è reporter ma artista, non ha potuto censurare questa strana attrattiva che si era accesa in lui: un mix di indignazione umana e culturale, ma anche di fascino, per quel tentativo demoniaco e prometeico di chiudere la storia con i sigilli dell’ideologia.
Il percorso di Vitali si è sviluppato in otto tappe, vissute come vere incursioni corsare al cuore di quella storia frettolosamente cancellata dalla memoria collettiva. All’inizio del volume, che ora documenta queste sue performance, si vede proprio una cartina, di quelle che si trovavano una volta negli atlanti, sulla quale sono state cerchiate le otto mete, da Varsavia sino a Tirana.
Il libro (ma sarebbe meglio dire il progetto) si intitola Infedeli alla linea (Silvana Editore) “facendo il verso a un celebre disco italiano incentrato sull’ortodossia”, come spiega Vitali stesso. Un libro che nella scelta grafica molto avvincente della copertina richiama proprio lo stile comunicativo efficace e anche affascinante di quella stagione della storia europea.
Proprio perché il suo era uno sguardo da “neofita”, Vitali ha voluto, in appoggio alla narrazione visiva dei suoi viaggi e delle sue performance, le testimonianze di chi invece quella stagione ha vissuto in presa diretta: Gianni Riotta, Annalia Guglielmi, Toni Capuozzo e Luigi Geninazzi hanno messo il loro “sapere” a servizio del caparbio progetto del giovane artista.
Questo mix generazionale è un tratto distintivo di un libro intelligentemente anomalo, che conserva comunque giustamente la sua anima di “libro d’arte”. Dove arte consiste nel toccare con mano la realtà con un piglio creativo e soprattutto imprevisto. Vitali si infila, infatti, in questo cono d’ombra della storia, come un disturbatore fuori tempo massimo e che nessuno aveva messo in conto. Esplora le incredibili e monumentali reliquie che incontra sulla sua strada, per poi mettere la sua firma nella forma di installazioni corsare, che sono ogni volta una personalissima resa di conti con la storia.
Le installazioni di Vitali, che verranno presentate nella forma di riproduzioni numerate e “seriali” in occasione della presentazione del libro (venerdì 18, ore 18, Spazio Rehearsal, Via Passerini 18, a Milano), sono quindi dei piccoli atti di insubordinazione poetica rispetto alla generale e bonaria intesa con cui si è archiviata la vicenda che aveva schiacciato la vita di interi popoli nell’Europa dell’Est.