Nei giorni scorsi si è tenuto presso l’Inapp un incontro per mettere a fuoco due fenomeni che storicamente affliggono il sistema produttivo e il mercato del lavoro nel nostro Paese: la bassa dinamica della produttività del lavoro e la, ancor più bassa, dinamica salariale. Due elementi che incidono significativamente sul “rallentato” processo di crescita economica che alimenta, allo stesso tempo, una crescente disuguaglianza nella distribuzione del reddito. Individuare le cause di questi due fenomeni, in larga misura interrelati, è, quindi, secondo i ricercatori dell’ex Isfol, una condizione necessaria per poter tracciare strategie di politiche industriali e di politiche del lavoro capaci di rompere il “circolo vizioso” che costringe il nostro Paese agli ultimi posti in Europa rispetto a questi temi.
Emerge, insomma, la necessità di interventi concreti di carattere “strutturale” che vedano l’impegno, a vario titolo, di tutti, a partire dalla politica e dalle parti sociali.
Incide su questa dinamica, certamente, anche il “costo del lavoro” e quella “tassa”, per molti aspetti occulta, rappresentata dal “cuneo fiscale“.
Sempre, nei giorni scorsi, il nostro istituto di statistica registrava come, nel 2020, i redditi netti da lavoro dipendente fossero in calo del 5% e che il valore medio del costo del lavoro, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, fosse pari a 31.797 euro, il 4,3% in meno dell’anno precedente.
Dall’analisi di questi dati si arriva così alla conclusione che la retribuzione netta media a disposizione di un lavoratore è pari a 17.335 euro e costituisce poco più della metà del totale del costo del lavoro (54,5%). Il cuneo fiscale e contributivo, ossia la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore, è, difatti, in media pari a 14.600 euro e sebbene si riduca del 5,1% rispetto al 2019 continua a superare il 45% del costo del lavoro complessivo (45,5%). I contributi sociali dei datori di lavoro costituiscono la componente più elevata (24,9%), il restante 20,6% risulta a carico dei lavoratori: il 13,9%, sotto forma di imposte dirette e il 6,7% di contributi sociali.
Le disuguaglianze, e le povertà, si combattono anche modificando questo quadro e, non solo, con il Reddito di cittadinanza. Sembra, tuttavia, che il nuovo Governo, da poco insediato e con ridotte capacità di spesa, stia ben poco incidendo per mettere qualche soldino in più in tasca ai cittadini. Nei prossimi mesi, tuttavia, sarebbe auspicabile che qualche misura più incisiva venga messa in campo anche con il contributo delle opposizioni e delle parti sociali.
Dalla capacità di ascolto, e di trovare soluzioni, passa, infatti, anche il sostegno a questo Governo di Patrioti e Conservatori.
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