E alla fine il professor Giuseppe Conte, tra gli applausi ma anche i fischi provenienti almeno in parte da ex “compagni d’avventura”, “concesse” il bis. Un bis sicuramente molto diverso dalla prima parte del concerto ascoltato in questa prima fase della legislatura, anche perché i “musicisti” sono, in gran parte, cambiati.
Sembrano, poi, essere cambiati, e profondamente, spartito, testo, linea melodica e forse anche gli stessi spettatori plaudenti. Il governo fu del “cambiamento” con Matteo Salvini, ministro dell’Interno e frontman “de facto”, lascia, quindi, il passo a quello del “nuovo umanesimo” guidato, non solo formalmente, dal fu “avvocato del popolo” Giuseppe Conte.
Un bis che si apre così, con il discorso del premier alla Camera, con un riferimento “alto” al primato della persona, alla quale la Repubblica “riconosce” diritti inviolabili ma, allo stesso tempo, richiede l’adempimento di inderogabili doveri di solidarietà. Si sottolinea, in quella occasione, l’importanza del lavoro come supremo valore sociale, in quanto rende ogni uomo pienamente cittadino, in grado di concorrere – come ci ricorda la nostra Carta costituzionale -, insieme agli altri, al progresso materiale e spirituale della società.
In questa prospettiva obiettivo prioritario dichiarato dell’esecutivo è di ridurre le tasse sul lavoro, il cosiddetto “cuneo fiscale”, in maniera che questa (auspicata e auspicabile) riduzione vada, ovviamente, a totale vantaggio dei lavoratori.
Ci si propone, inoltre, di individuare una retribuzione giusta, il cosiddetto “salario minimo”, garantendo così, almeno secondo i proponenti, le tutele massime a beneficio dei lavoratori, anche attraverso un meccanismo, previsto nel nostro dettato costituzionale ma mai attuato, di efficacia “erga omnes” dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Questo presuppone, dopo un lungo dibattito durato decenni, l’approvazione di una legge sulla rappresentanza sindacale.
Si intende, quindi, realizzare (e chi non lo vorrebbe) un piano strategico di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali e per contrastare le più odiose forme di sfruttamento dei lavoratori.
Riuscirà Giuseppe Conte a realizzare, già nei prossimi mesi, tutte le buone intenzioni contenute in questo suo secondo documento politico-programmatico? Per far ciò la nuova “band” formata da Partito democratico e Movimento 5 Stelle dovrà lavorare bene ed evitare le stonature, e le disarmonie, ascoltate nei mesi scorsi con la vecchia formazione e che hanno portato all’attuale situazione politico-istituzionale.
L’auspicio è che gli accordi, e i programmi, su cui si basa la nuova coalizione di governo siano chiari e condivisi. Come ci dimostra, infatti, la storia recente, anche gli esecutivi, come le band, talvolta si sciolgono senza un perché.