La cura con anticorpi monoclonali per arginare il coronavirus: Rino Rappuoli ne è sicuro e la svolta potrebbe arrivare già entro la fine dell’anno. Intervenuto ai microfoni di Repubblica, il professore 68enne li ha definiti «un gioiello di innovazione tecnologica» ed ha spiegato che, oltre a quelli usati in oncologia, grazie all’innovazione oggi è possibile utilizzarli anche per le malattie infettive, come in questo caso. A capo della ricerca di Glaxo Vaccines e del Mad Lab della Fondazione Toscana Life Sciences, Rappuoli ha spiegato che l’anticorpo “italiano” è il più potente tra quelli descritti finora dalla comunità scientifica, per poi soffermarsi sul ruolo che possono svolgere nella battaglia contro il Covid-19: «Gli anticorpi servono sia per prevenzione sia per migliorare le condizioni degli infetti. Se si danno a una persona sana la protezione scatta immediatamente, se li prende una persona con un tampone positivo si aiuta l’eliminazione del virus da parte dell’organismo. Certo, prima si prendono meglio è, così il virus viene eliminato e non può danneggiare l’organismo».
CURA CON ANTICORPI MONOCLONALI, LE PAROLE DI RINO RAPPUOLI
Rino Rappuoli ha aggiunto ai microfoni di Letizia Gabaglio che l’anticorpo “italiano” è stato selezionato in modo che duri a lungo, con una protezione di circa sei mesi. Ma in tal senso sono attesi aggiornamenti dagli studi clinici di fase 3. Ma la svolta potrebbe arrivare ben presto: «Se tutto va secondo i piani, saremo pronti con il farmaco per marzo 2021». Soffermandosi sulla cura con anticorpi monoclonali, il professore – premio Koch 2019 – ha precisato: «Stiamo lavorando da anni, anche insieme al Wellcome Trust di Londra, sul tema della resistenza batterica agli antibiotici, proprio per sviluppare una tecnologia che renda gli anticorpi più potenti così da poterne usare di meno e abbattere i costi. E renderli così accessibili anche a Paesi in via di sviluppo. Lo stavamo facendo da prima sul fronte dell’antibioticoresistenza e ora possiamo usare le nostre ricerche anche per il Covid».