Gli anticorpi monoclonali si stanno rivelando una preziosa e ulteriore arma nella lotta contro il Coronavirus: una conferma giunta nelle scorse ore, in occasione di una conferenza stampa a cura della dottoressa Stefania Piconi, primario del dipartimento Malattie Infettive dell’Asst di Lecco. “Rispetto a un anno fa non siamo più così disarmati contro il virus – ha asserito –. Abbiamo a che fare con una patologia bifasica: una consiste nella replicazione attiva del virus, l’altra riguarda la risposta infiammatoria esagerata nei confronti del Coronavirus”.
Ecco perché, ha proseguito la dottoressa, “anche la terapia si distingue in due momenti precisi. Nella prima abbiamo bisogno di antivirali, nella seconda di qualcosa che riduca la reazione eccessiva del sistema immunitario. Ciò che usiamo nel momento in cui si instaura una certa saturazione è il Remdesivir, che, quando viene somministrato nella prima fase del contagio, ha un’efficacia notevole. Tra il gruppo di farmaci antivirali che stiamo integrando con grande soddisfazione ci sono poi gli anticorpi monoclonali”.
ANTICORPI MONOCLONALI, PRIMI ESITI INCORAGGIANTI
Così, a Lecco gli anticorpi monoclonali stanno entrando nella pratica quotidiana delle terapie sui pazienti affetti da Covid-19. “Nella nostra Asst ne abbiamo di tre tipi – ha aggiunto la dottoressa Piconi in conferenza stampa –. Essi hanno il ruolo di legarsi alla proteina Spike che il virus utilizza per entrare nelle cellule, bloccandone però il passaggio e, di riflesso, la sua replicazione. Finora qui da noi gli anticorpi monoclonali sono stati adoperati su due pazienti che partivano da una situazione clinica generale molto compromessa. Questi due individui ci sono stati segnalati dai medici di riferimento, in 48 ore abbiamo organizzato il percorso di infusione della terapia. In entrambi i casi non hanno avuto manifestazioni cliniche e nell’arco di una settimana si sono negativizzati”.
Tuttavia, gli anticorpi monoclonali non sono utilizzabili su qualsiasi malato, bensì soltanto su coloro che abbiano una situazione di partenza compromessa e che siano sintomatici entro i primi dieci giorni dalla data di contagio. Ora, peraltro, sono in arrivo monoclonali di seconda generazioni, in grado di rispondere in maniera più efficiente anche alle differenti varianti del virus SARS-CoV-2.