Il Ministero della Salute ha aggiornato oggi 26 aprile la circolare “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-Cov-2”, le linee guida per i casi lievi di Covid-19 considerato – non da oggi – elemento fondamentale assieme ai vaccini per la prevenzione dello sviluppo grave dei sintomi pandemici. Tra le novità principali emerge la valutazione sui pazienti da indirizzare nei centri per il trattamento con gli anticorpi monoclonali, il nodo integratori e i farmaci da utilizzare: la circolare è stata firmata dal direttore generale della Prevenzione del ministero Gianni Rezza e dal direttore della Programmazione sanitaria Andrea Urbani. Le prime linee guida furono pubblicate a novembre, appena dopo lo scoppio della seconda ondata Covid ma da tempo ormai veniva richiesto un urgente aggiornamento, come del resto ribadito anche oggi in Parlamento dal Premier Mario Draghi nell’annunciare più risorse per la medicina territoriale e l’assistenza a domicilio nel prossimo Recovery Plan.



Per i casi lievi di coronavirus, la circolare del Ministero specifica «si tratta di sintomi come febbre (più di 37.5 gradi C), malessere, tosse, faringodinia, congestione nasale, cefalea, mialgie, diarrea, anosmia, disgeusia, in assenza di dispnea, disidratazione, alterazione dello stato di coscienza». In linea generale, per soggetti con queste caratteristiche cliniche «non è indicata alcuna terapia al di fuori di una eventuale terapia sintomatica di supporto»: torna però la vigile attesa intesa come «costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente». Utilizzati come strumenti principali saturimetro (92% è il valore soglia che deve allertare, ndr) e farmaci sintomatici come tachipirina o antinfiammatori: tra le indicazioni inserite dalla circolare, «non utilizzare routinariamente corticosteroidi. L’utilizzo della terapia precoce con steroidi si è rivelata inutile se non dannosa in quanto in grado di inficiare lo sviluppo di un’adeguata risposta immunitaria; non utilizzare eparina». Viene poi sconsigliato di utilizzare l’uso empirico di antibiotici – se non strettamente necessario – e di idrossiclorochina «la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti».



LE NOVITÀ SULLE MONOCLONALI

La circolare del Ministero della Salute esclude poi una volta per tutti gli integratori alimentari come efficaci nel combattere i sintomi lievi della malattia: «non esistono, a oggi, evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari, ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato». Diverse invece le novità riguardo la cura con le monoclonali, a cominciare dalla mancata efficacia in presenza di varianti virali del Covid come la brasiliana (P.1) e la sudafricana (B. 1.351): «Di questo verrà tenuto conto in sede di scelta terapeutica anche in relazione alla situazione epidemiologica locale. In base all’avanzamento delle conoscenze, potrà essere considerata l’opportunità di determinare la variante virale implicata nell’infezione prima di decidere su quale anticorpo o combinazione di anticorpi monoclonali orientare la scelta terapeutica», sottolineano ancora le linee guida aggiornate dal Ministero della Salute. Come da accordo con AIFA, è affidata ai medici di famiglia, ai pediatri e medici delle UCA la «selezione del paziente da trattare con anticorpi monoclonali», sempre che siano affetti da Covid di recente insorgenza e con sintomi lievi-moderati. «Questi devono essere indirizzati rapidamente ai centri regionali abilitati alla prescrizione degli anticorpi monoclonali per il Covid-19 soggetti a registro di monitoraggio Aifa», disponibili a questo indirizzo. Si raccomanda invece l’uso in strutture ospedaliere «il più precocemente possibile rispetto all’insorgenza dei sintomi, e comunque non oltre i dieci giorni dall’inizio degli stessi». In definitiva, la circolare stabilisce che la terapia monoclonali deve essere riservata «a pazienti con Covid di recente insorgenza (al meglio entro 72 ore dalla diagnosi d’infezione e comunque sintomatici da non oltre 10 giorni) con infezione confermata da Sars-Cov-2 e definiti ad alto rischio di sviluppare forme gravi in accordo alle determine autorizzative per la presenza delle condizioni elencate nell’apposita scheda riportata a pagina 22 del presente documento».

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