Le cure Covid a casa precoci possono evitare il ricovero in ospedale? Il professor Giuseppe Remuzzi ne parla da mesi, il collega Alberto Zangrillo continua a ribadirlo ad ogni occasione utile, eppure sulla prima arma contro il coronavirus siamo ancora “deboli”. Non a caso il ministro della Salute Roberto Speranza ha annunciato la volontà di investire sulla medicina territoriale, quella che avrebbe potuto creare un argine contro la diffusione del virus. Ora, comunque, lo studio realizzato dall’Istituto Mario Negri, condotto in collaborazione con un gruppo di medici di base di Varese e Teramo, è stato pubblicato sul magazine EClinicalMedicine che fa capo a The Lancet. I risultati erano stati già diffusi in pre-print, ma ora c’è una veste “ufficiale”. Gli autori – Giuseppe Remuzzi e Fredy Suter (primario emerito dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – hanno elaborato un algoritmo per il trattamento domiciliare dei pazienti Covid che è in grado di prevenire il loro ricovero in ospedale.



Bisogna partire da una premessa. Il Covid nei primi 2-3 giorni è in fase di incubazione, quindi la persona infetta non mostra sintomi. Invece nei 4-7 giorni successivi la carica virale cresce facendo comparire i primi sintomi. Dunque, intervenire in questa fase curando a casa il Covid, come accade per qualsiasi altra infezione respiratoria, anche prima che sia disponibile l’esito del tampone, non solo può aiutare ad accelerare il recupero, ma anche di conseguenza a ridurre il ricorso al ricovero ospedaliero.



CURE COVID A CASA: LO STUDIO DI BERGAMO

Non è poco, considerando la pressione che ha dovuto subire il sistema sanitario nazionale in questi mesi. Come curare il Covid a casa? Nelle prime fasi sono fondamentali i farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans). Per questo studio sono stati coinvolti 90 pazienti con Covid lieve. Con questo protocollo è stata registrata una diminuzione da 13 a 2 pazienti con esigenza di ricovero e una riduzione di oltre il 90% del numero complessivo di giorni di ricovero rispetto ad un gruppo di pazienti con le stesse caratteristiche che avevano ricevuto altri trattamenti. I risultati di questo studio sono stati confermati in un altro gruppo di controllo di 1.779 pazienti. Giuseppe Remuzzi ammette che questo studio è «imperfetto perché retrospettivo», ma aggiunge che in questi giorni è stato confermato da un articolo apparso su The Lancet da ricercatori inglesi e australiani. «Conferma i nostri risultati con un approccio precoce basato su un preparato anti-asma (che contiene una piccola quantità di cortisone) da somministrare per inalazione nelle primissime fasi della malattia». Ma Fredy Suter avverte: «È molto importante che i suggerimenti che derivano da questi studi non siano interpretati come un “fai da te”».

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