«Sulle cure domiciliari c’è stata tanta emotività, anche un po’ di confusione». Per questo il professor Giuseppe Remuzzi ha messo a punto un protocollo di cura per evitare l’iper-infiammazione che causa il grave decorso dell’infezione da Covid. «La severità della malattia e la morte dipendono dall’iperinfiammazione. Quindi, abbiamo trattato subito i pazienti, dall’inizio dei primi sintomi, con antinfiammatori, come si fa già per tutte le malattie respiratorie di natura virale», ha dichiarato in collegamento con In Onda, su La7, il direttore ricerche farmacologiche dell’Istituto Mario Negri di Bergamo. Questo protocollo è stato messo a punto ed è stato oggetto di studio.
«Iniziando al primo sintomo, si riduceva del 90% la necessità di ospedalizzazione. Ma questo non era uno studio perfetto, per questo ne abbiamo fatto un secondo».Giuseppe Remuzzi ha spiegato che hanno usato aspirina, ibuprofene, nimesulide: il protocollo prevede di cominciare con quest’ultimo, in caso di intolleranza ai primi due, ma comunque non sono emerse differenze tra i farmaci, perché offrono stessi risultati. «Il secondo studio ha confermato i precedenti risultati, ma non sono così forti per dare raccomandazioni. Ora però siamo riusciti ad arrivare ad un protocollo condiviso con Aifa per uno studio 600 pazienti circa. Così sapremo definitivamente se questo approccio sia veramente la chiave di volta per questa pandemia».
“CURE DOMICILIARI NON SONO ALTERNATIVA A VACCINO”
Le cure domiciliari non devono però essere considerate alternative al vaccino, che resta la prima arma. «Il vaccino previene la malattia, che è tutta un’altra cosa. Ma quando uno si ammala, perché non è vaccinato, è debole o non ha completato il ciclo vaccinale, si può intervenire precocemente. Ad esempio, Remdesivir in ospedale funziona poco, invece farlo a casa ai primi sintomi dà risultati molto importanti», ha dichiarato il professor Giuseppe Remuzzi. «Non vaccinarsi vuol dire aiutare a diffondere questa malattia. Chi non si vaccina con Omicron ha 45 volte più probabilità di sviluppare una forma grave».
Ma è stato sollecitato anche sul caso Zitromax: «Non cura nessuna malattia virale, neppure il Covid, perché è un antibiotico. Qualcuno all’inizio aveva suggerito che avesse un’attività sul sistema immune, non è vero. Sono stati fatti quattro studi ed è stato stabilito che questo farmaco non funziona». Infine, sul dibattito relativo a bollettini e dati:«Non c’è grande differenza tra sapere i numeri ogni giorno o ogni settimana. Quel che conta è la tendenza. Ora dobbiamo anche ripensare la diagnostica. Non va cercato il test più preciso possibile, ma il più semplice e che ci aiuti a frenare il contagio. Molti dei casi che vediamo dipendono da questo eccesso di corsa al test perfetto che serve a poco. Meno test, ma più semplici, come stanno facendo negli Stati Uniti e nel Regno Uniti».