La storia dei monaci avvelenati dai loro stessi manoscritti, come raccontato da Umberto Eco nel celebre romanzo Il nome della Rosa, pare non sia solo frutto della fantasia del romanziere-semiologo: una recente scoperta archeologica ci riporta, infatti, ad una storia realmente accaduta, naturalmente nel Medioevo.
Le ossa dissepolte in sei diversi cimiteri della Danimarca hanno rivelato l’esistenza di alcuni monaci che sarebbero morti intossicati proprio dal mercurio necessario per produrre una delle tinture di cui si servivano per scrivere. Il rosso pare fosse il colore-killer.
I monaci medievali avrebbero preparato il colore con il cinabro, un minerale che è a tutt’oggi la maggiore fonte di mercurio. L’abitudine di leccare il pennello per appuntirlo o di girare le pagine inumidendosi le dita con la saliva avrebbe poi provocato l’avvelenamento.
Lo studio, che sarà pubblicato nel numero di agosto del “Journal of Archaeological Science”, descrive una patologia finora ignota, denominata FOS, che era simile alla lebbra e provocava lesioni craniche. Per curarla si preparava una medicina a base di mercurio, utilizzata anche per guarire la sifilide.
I monaci non avevano queste malattie, tuttavia i loro resti risultano fortemente contaminati. La spiegazione degli scienziati è che si siano avvelenati preparando la medicina – che veniva somministrata ai pazienti in forma di vapore – o, appunto, maneggiando i manoscritti che loro stessi compilavano.
A confermare i sospetti di “avvelenamento da sacra scrittura” ci sarebbe un’altra ricerca, a cura del Soreq Nuclear Research Center di Israele e dell’Israel Museum. Gli scienziati hanno trovato cinabro in quattro frammenti dei Manoscritti del Mar Morto.
A partire dalla metà del 1500, la stampa a caratteri mobili inventata circa un secolo prima sostituì quasi del tutto la scrittura a mano. Gli studiosi ipotizzano quindi che da quella data non si trovino più tracce di mercurio nei resti dei monaci.