Il mondo dei tatuaggi è ben strano. C’è chi sul proprio corpo vuol farsi scrivere il suo nome in giapponese, chi rappresentare i simboli della pace o della forza e del coraggio, chi le svastiche e chi Che Guevara. Marinai con ammiccanti sirenette che si muovono sinuosamente seguendo i moti muscolari, ragazzotte che esibiscono caviglie floreali o cavallucci marini appoggiati sulla spalla. Oppure veri e propri cultori, addirittura spinti a raggiungere il guinness dei primati pavoneggiandosi di avere le più alte percentuali di pelle inchiostrata.



Facciano come credono, la consueta domanda di chi si oppone a tale scelta è: come figureranno i vostri arazzi epidermici una volta che avrete raggiunto la terza età? L’aquila che un tempo ricopriva vigorosa la vostra schiena non figurerà forse un giorno più simile a una carruba? Ma tant’è. Piace, si fa e alcuni sembrano addirittura felici.



Non a questa schiera sembra invece appartenere la povera (?) Kimberley Vlaeminck, ragazza belga che qualche giorno fa si è rivolta a un tatuatore parigino, Rouslain Toumaniantz. La scenetta, a quanto descrive la fanciulla, dev’essere più o meno andata così: alla richiesta di tre stelle intorno alla zona temporale-zigomatica l’“artista” deve aver capito, a causa delle ovvie incomprensioni linguistiche che intercorrono fra belgi e francesi, “56” stelle. Ora, lasciando perdere per quale arcano mistero il tre, numero facilmente indicabile con una mano, sia stato confuso con il 56, procediamo con i fatti raccontando che la fanciulla si sarebbe addirittura “addormentata” durante la complessa e dolorosa operazione. Fatto sta che al suo risveglio, anziché una simpatica pleiade si è ritrovata una vera e propria galassia che le ricopriva la metà sinistra del volto.



Ripensandoci: sebbene a guardare in faccia il suddetto artista sia ben difficile invogliarsi nel difenderlo, non sarà che la vittima della vicenda si sia invece pentita in seguito di una scelta poco oculata?

Ai lettori l’ardua sentenza.