Le cellule che si staccano dal tumore ed entrano in circolo nel sangue spesso sfuggono agli effetti delle terapie e sono responsabili della diffusione della malattia. Difficili da individuare, tali cellule hanno attirato l’attenzione dei ricercatori, perché è ormai accertato che riuscendo a contarle è possibile determinare l’aggressività del tumore. Ora gli studiosi puntano a tracciare un identikit genetico, per predire quali farmaci funzionano e quali no. È la novità emersa da uno studio coordinato da Paola Gazzaniga e Giuseppe Naso dell’Università la Sapienza di Roma.
Il gruppo di ricerca ha raccolto campioni di sangue da pazienti affetti da tumori solidi di vario tipo (di colon, vescica, prostata, polmone, mammella) prima dell’inizio delle terapie opportune. In ogni campione sono state cercate e isolate eventuali cellule tumorali circolanti, quindi sottoposte ad analisi molecolari per tracciarne un profilo di sensibilità ai vari tipi di farmaci anticancro. Poi, dopo due anni, sono stati confrontati i risultati di laboratorio con le risposte effettivamente ottenuta da ciascun malato. «Il valore prognostico è stato prossimo al 100 per cento – sottolinea Giuseppe Naso – ovvero la quasi totalità dei pazienti le cui cellule tumorali circolanti avevano dato segni di sensibilità a una data terapia, avevano effettivamente avuto beneficio da quella terapia. E viceversa».
Il lavoro è stato presentato da Massimo Cristofanilli, ricercatore di punta dell’Md Anderson Cancer Center di Houston, in Texas, in occasione della «Milan breast cancer conference» organizzata dall’Istituto Europeo di Oncologia. Cristofanilli, italiano emigrato negli States che da anni segue la pista delle cellule tumorali circolanti, ha commentato: «Questo studio, se prospetticamente validato potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova era nella terapia dei tumori». E proprio con il prestigioso centro americano gli esperti italiani avvieranno nei prossimi mesi una sperimentazione su 150 pazienti malate di tumore al seno per confrontare la validità della metodica rispetto ai tradizionali criteri di scelta della chemioterapia migliore possibile.



Finora le terapie anticancro più avanzate venivano definite in base all’identikit molecolare delle cellule che compongono la massa tumorale. Ma una maggiore attenzione alle cellule circolanti potrebbe aprire la strada a nuove cure più efficaci. Tali cellule, infatti, «potrebbero rappresentare le cellule che danno luogo alle metastasi, in quanto più resistenti ai trattamenti convenzionali – spiega Paola Gazzaniga –. Inoltre sono spesso cellule diverse da quelle del tumore primario, e una cura mirata contro le seconde potrebbe essere un buco nell’acqua per le prime. Ad esempio, sapere se un tumore del seno è sensibile agli ormoni o no è fondamentale per decidere una terapia efficace. E noi stiamo vedendo che da un tumore ormonosensibile si possono staccare cellule che sono invece ormonoresistenti, che dunque non risponderanno ai farmaci utili per colpire la massa primitiva e potranno andare a generare metastasi in altre parti del corpo». Precisa ancora Giuseppe Naso: «Su mille cellule che compongono la massa tumorale, può accadere che una sola, diversa dalle altre, si stacchi, enti in circolo e generi metastasi. Con la chemioterapia tradizionale riusciamo a colpire efficacemente le altre 999, ma rischiamo di lasciar scappare proprio quella determinante».

Leggi anche

Il miglior hamburger del mondo è spagnolo, la classifica/ Hundred Burgers meglio dei panini UsaJannik Sinner, cosa mangia la star del tennis?/ Dalle carote al gelato alla vaniglia, ecco il suo menù