“Partito Democratico: Un infuso di democrazia contro un’Italia a rischio tirannia”: potrebbe essere questo lo slogan di Franceschini per le Elezioni Europee, se si volesse abbinare al logo scelto. In parecchi infatti hanno da tempo notato la somiglianza tra il simbolo del Partito Democratico e quello di una marca di tè inglese, la PG tips.



Il logo del PD è nato l’anno scorso a seguito di una gara vinta dal venticinquenne molisano Nicola Storto, designer di InArea. È stato approvato da Walter Veltroni, che aveva dato indicazioni di «Leggerezza, modernità e contemporaneità. Ma sempre mantenendo il legame con il passato storico dell’Italia», motivo per cui l’immagine non poteva non rifarsi al Tricolore, come del resto quella di altri partiti. L’allora leader PD ha poi presentato ufficialmente il logo come la visualizzazione di «tre grandi tradizioni: il verde del mondo laico e ambientalista, il bianco del cattolicesimo democratico, il rosso della cultura del lavoro». «Un simbolo racconta l’identità di una comunità di donne e di uomini e credo che questo che abbiamo scelto racconti bene l’identità del Pd», ha aggiunto.



Da allora l’emblema ha subito critiche e apprezzamenti, e come già detto in apertura non sono mancate lingue maligne che hanno parlato di plagio ai danni dell’infuso anglosassone, o viceversa subiti per colpa della PG tips. A discolpa di quest’ultima potrebbe però valere il principio di anzianità, giacchè venne fondata nel 1869 a Manchester da Arthur Broke.

Non mancano voci che si levano in difesa dell’originalità del marchio, ad ogni modo. Una lettrice del Corriere online, designer anche lei, confronta intelligentemente le due immagini incriminate e per punti fa notare come:

Il tricolore PD richiami volutamente la bandiera Italiana ma quello PG no, tanto è vero che può essere spostato su altri sfondi;



Il font sia diverso, con PG che ha effetto 3d e con PD che è piatto;

Le due foglioline di tè siano realistiche e sovrapposte, il ramoscello d’ulivo sia stilizzato e anche qui volutamente richiamo di partito.

Alla luce di questo confronto si potrebbe concordare per l’assenza di plagio, ma rimane un parallelismo visivo tra i due loghi che è difficile da dimenticare. E francamente andare alle urne e per un attimo pensare di votare una marca di tè non è il massimo per degli elettori. I designer potevano fare più attenzione..