New York, il mare a avanza e fa paura. La grande mela si prepara a fronteggiare l’emergenza: è pronto un piano piano anti-acqua.
Ce ne sono di film che annunciano un apocalittico futuro fatto di acque alte e terre sommerse. Da “Waterworld”, di e con Kevin Costner, che prevedeva l’ipotesi peggiore e cioè quella di un mondo totalmente sommerso dalle acque, a “The Day After.” Quest’ultimo era piuttosto verosimile, immagine di un mondo invaso prima dalle acque alte e poi dai ghiacci. La maggior parte della storia si svolgeva in una New York letteralmente “affogata” sotto le acque tumultuose dell’oceano Atlantico.
Il motivo era lo sconvolgimento delle condizioni climatiche, tema su cui si dibatte ormai da anni. Be’, una New York sommersa dalle acque, stile Venezia, in realtà è presa molto sul serio da studiosi ed esperti di cambiamenti climatici. La New York State Sea Level Rise ha stilato un documento di 93 pagine in cui si cerca di proporre soluzioni adatte per frotneggiare un innalzamento dei livelli del mare.
Il fatto è che New York pur non essendo esattamente come Venezia, si trova in una situazione similare, costruita come è su un lungo promontorio e alcune isole, e interamente circondata dal mare. L’allarme relativo agli scioglimenti dei ghiacci per l’innalzarsi delle temperature, il cosiddetto “global warming” comporta ovviamente un allarme immediato per una città così alla mercé delle acque.
Non solo New York ovviamente, ma molte grandi metropoli che sorgono sulle acque o in prossimità: New Orleans (già messa a dura prova), Mumbai, Copenaghen, Shangai, Miami. Alessandria d’Egitto. Sommerse o vulnerabili alle alluvioni e alle mareggiate.
Studi attendibili parlano del 2050 come prima data in cui l’innalzamento del livello delle acque risulterà insostenibile per chi vive ad esempio a New York. Un innalzamento di due metri del livello dell’acqua porterà all’allagamento totale di aree suburbane nella zona sud della Baia di san Francisco, incluse parti della città di San José.
Una larga fetta del porto di Los Angeles risulterà sommersa, minaccerà Washington DC e sommergerà vaste aree della spiaggia del New Jersey e della zona industriale di New York. Le isole al largo della Florida, della Carolina e del Golfo del Messico avranno una sorte molto semplice quanto terribile: scompariranno.
New York, Liberty Island, Ellis Island e la parte meridionale di Manhattan saranno sommerse dalle acque. Praticamente tutta la zona intorno a cui sorgevano le Torri Gemelle. Tutto questo non fra qualche secolo, ma fra quarant’anni: il 2050.
Il gruppo di lavoro citato a inizio articolo ha presentato il proprio progetto per la salvaguardia di New York e anche delle aree costiere esposte alla minaccia. Si tratta di un’area compresa fra la città di New York fino a Long Island e alla valle del fiume Hudson. Qua, già nel 2020, gli esperti prevedono che il livello delle acque salirà dai 5 ai 12 centimetri. In questa area complessiva vive il 62% della popolazione dell’intero Stato di New York.
Un primo avvertimento proposto dagli esperti riguarda il divieto di nuove costruzioni nelle aree costiere. Il secondo avvertimento riguarda lo spostamento totale di strutture come scuole, ospedali, stazioni di polizia e dei vigili del fuoco da ogni area costiera. Vista l’impossibilità di spostare in zone più sicure una giungla di grattacieli come è Manhattan, per questi edifici si raccomandano infrastrutture con basi più alte che possano resistere agli allagamenti.
Quindi si vogliono progettare autentiche isole artificiali che facciano da barriera, estensione di paludi di acqua salata davanti a Manhattan e un intero nuovo sistema di condutture idriche del gas e delle reti elettriche in grado di resistere agli allagamenti. La notizia positiva davanti a tutto questo allarme è che le autorità di New York hanno preso seriamente l’avvertimento e discuteranno il piano proposto dal gruppo di lavoro.
Già in precedenza altri studiosi ed esperti avevano messo a punto alcune strategie per la salvaguardia di New York. Un team di cinque architetti del paesaggio più ingegneri e progettisti vari avevano messo a punto alcune soluzioni sostenibili per New York e la costa del New Jersey.
Si trattò di una iniziativa a cura del Museo d’Arte Moderna, culminata con una mostra curata da Philip Johnson, capo curatore del dipartimento architettura del Museo. In pratica, ne usciva l’immagine di una città “appoggiata” su moli abitabili e isole artificiali. Addirittura si era previsto di innestare coltivazioni di ostriche commestibili sulle scogliere di queste nuove isole. Un altro progetto prevedeva di ridare spazio alla originaria natura paludosa della parte bassa di Manhattan facendola diventare uno spazio naturale con strade verdi e piante con un sistema di ingegneria biologica. In tal modo, l’area sarebbe in grado di reagire alle maree occasionali.
Si tornerebbe cioè alla Manhattan dei pellerossa del Diciassettesimo secolo. Per salvare infine la Statua della Libertà e Ellis Island si amplierebbe la costa di fronte di circa 45 miglia, terre nuove che si potrebbero utilizzare per l’agricoltura. Un ultimo progetto infine vedeva un arcipelago di isole artificiali collegate da barriere gonfiabili che vengono aperte in caso di tempeste. In tal modo si favorisce anche l’accumulo di limo che è in grado di proteggere in modo naturale dalle mareggiate. Qualcuno poi ha pensato anche a una barriera corallina: in tal modo si potrebbero coltivare ostriche e mitili che non fanno mai male e in più hanno il potere di pulire le acque inquinate. Meglio di così…