Wikileaks è un’organizzazione non profit attiva nel campo dei media che riceve documenti coperti da segreto e poi li mette in rete sul proprio sito web. Il suo nome è formato dalle parole «wiki», che indica un sito web aggiornato dai suoi utilizzatori, e «leak», «fuga di notizie» in inglese.
Wikileaks riceve rapporti ufficiali da fonti anonime, ne verifica l’autenticità e poi li pubblica tramite i suoi server che si trovano in Belgio e Svezia (le cui leggi nazionali proteggono questo tipo d’attività), garantendo l’anonimato degli informatori e di tutti coloro che sono implicati nella «fuga di notizie». Il progetto non alcun legame con Wikipedia. Anche se il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, 39 anni, nato in Australia, ha dichiarato che il suo progetto vuole essere «una versione irrintracciabile di Wikipedia che consenta la pubblicazione e l’analisi di massa di documentazione riservata».
L’obiettivo è quello di sollecitare i governi a essere più trasparenti, per incrementare giustizia, etica e democrazia nella vita pubblica. Il portale è curato da giornalisti, dissidenti cinesi, scienziati e attivisti. I cittadini di ogni Paese del mondo sono invitati a inviare materiale «che porti alla luce comportamenti non etici di governi e aziende». La maggior parte della redazione del sito, come gli stessi fondatori del progetto, sono anonimi. Il progetto di Wikileaks è rimasto segreto fino al gennaio 2007, quando il curatore di Secrecy News, Steven Aftergood, ha rivelato di aver ricevuto la richiesta di partecipare come consulente.
Secondo Assange il piano originale prevedeva il lancio del sito web dal marzo 2007, ma Wikileaks si è trovato in difficoltà a causa dell’esposizione mediatica scatenata dalla rivelazione anticipata del progetto. Le ricerche su Google relative a Wikileaks sono cresciute da otto ad oltre un milione nel giro di due settimane. Wikileaks aveva postato on-line il suo primo documento nel dicembre 2006. Vi si riferiva di un complotto per uccidere i membri del governo somalo, ed era firmato dallo sceicco del terrore, Hassan Dahir Aweys. Secondo il settimanale New Yorker, «Julian Assange e i suoi collaboratori erano incerti sull’autenticità del documento, ma pensarono che i lettori, utilizzando le funzioni del sito simili a Wikipedia, avrebbero aiutato ad analizzarlo».
Fu quindi pubblicato con la domanda introduttiva: «È un manifesto audace scritto da un militante islamico con collegamenti a Bin Laden? O è una velina proveniente dai servizi segreti americani, volta a screditare l’Unione, rompere l’alleanza somala e manipolare la Cina?». Il New Yorker afferma che «l’autenticità del documento non è mai stata accertata». Ma nel frattempo Wikileaks ha annunciato di avere raccolto in totale un milione e 200mila documenti riservati. Iniziando a pubblicarli a ritmi serrati dalla seconda metà del 2007: tra gli altri, quelli sull’equipaggiamento dei soldati dispiegati in Afghanistan e sulla corruzione delle autorità del Kenya. Altro materiale scottante è stato pubblicato sulla gestione del carcere di Guantánamo.
Nel 2008 il sito web è stato chiuso in seguito alla sentenza di un tribunale californiano dopo il ricorso della banca svizzera Julius Bär, che ha fatto causa per diffamazione dopo essere stata accusata di favorire l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro sporco. Il 29 febbraio 2008, lo stesso giudice che lo aveva chiuso, ha reso possibile la riapertura del sito web citando il primo emendamento della Costituzione americana. Nel luglio scorso Wikileaks ha anticipato ai quotidiani New York Times, The Guardian e Der Spiegel il contenuto di alcuni documenti segreti sulla guerra in Afghanistan. Rivelando informazioni secretate sull’uccisione di civili, l’occultamento dei cadaveri, l’esistenza di un’unità militare americana il cui compito sarebbe «fermare o uccidere» talebani, anche senza processo.
Altri documenti hanno fatto luce sul doppio gioco del Pakistan, ufficialmente Paese alleato degli Stati Uniti, i cui servizi segreti hanno intessuto rapporti di collaborazione con i capi talebani. E hanno combattuto quindi sul fronte opposto a quello dell’Esercito Usa, giungendo a organizzare complotti contro le istituzioni dell’Afghanistan. Nell’ottobre scorso il numero due di Wikileaks, il tedesco Daniel Domscheit-Berg, ha lasciato l’incarico in quanto il suo rapporto con Assange era divenuto conflittuale. Il sito inizialmente adoperava una versione modificata del software MediaWiki, lo stesso utilizzato anche dal portale Wikipedia. Ad un anno dalla nascita, avvenuta nel dicembre 2006, era arrivato a pubblicare oltre un milione di documenti. Attualmente Wikileaks è ospitato da PRQ, un Internet service provider svedese. Dal 22 ottobre gli amministratori di Wikileaks hanno cambiato completamente la struttura del sito abbandonando il software MediaWiki.
Diversi anche i documenti pubblicati da Wikileaks sull’esercito italiano. Tra le indiscrezioni emerse, quella secondo cui Salvatore Marracino, che secondo la versione ufficiale si è suicidato in Iraq, sarebbe in realtà stato colpito accidentalmente nel corso di un’esercitazione militare. E sempre secondo Wikileaks, i militari italiani avrebbero fatto fuoco anche su un’ambulanza nella quale si trovavano civili, e non uomini armati come affermato invece dall’Esercito. Il mezzo di soccorso iracheno era stato colpito durante la «battaglia dei Lagunari», nell’agosto 2004 sui ponti di Nassiriya, in Iraq, ed era poi esploso perché raggiunto dai proiettili dei soldati italiani. «Alle ore 03.25 un automezzo che transitava sul ponte orientale di Nassiriya non si è fermato al checkpoint italiano e veniva conseguentemente ingaggiato con armi leggere.
Quindi si è prodotta una grande esplosione, seguita da una seconda da cui si è valutato che il veicolo avesse dell’esplosivo», è scritto in due documenti americani del 5 agosto 2004 pubblicati da Wikileaks. I fatti risalgono alla notte tra il 5 e il 6 agosto 2004 quando a Nassiriya si scontrarono i miliziani dell’Esercito del Mahdi e i soldati italiani, che difendevano i tre ponti sull’Eufrate. A bordo dell’ambulanza, secondo i testimoni, si trovavano una donna incinta, la madre, la sorella e il marito. La ricostruzione rivelata da Wikileaks coincide sostanzialmente con quanto verificato nel corso dell’inchiesta giudiziaria. I militari hanno sempre raccontato invece che non si trattava di un’ambulanza, ma di un furgone senza insegne né dispositivi luminosi. A bordo ci sarebbero stati uomini armati che, all’improvviso, sono scesi aprendo il fuoco contro i soldati italiani che, dopo aver seguito le procedure, avrebbero risposto all’attacco.
Il fondatore di Wikileaks, Assange, nel 2009 ha vinto il premio giornalistico istituito da Amnesty International. Ma non è stato immune però da guai giudiziari, dietro i quali ha dichiarato che c’era un progetto per colpire il suo sito web. Il 20 agosto scorso infatti le autorità svedesi hanno aperto un’inchiesta contro di lui, accusandolo di avere violentato una donna al termine di un seminario, e di avere molestato sessualmente un’altra donna solo due giorni dopo. Assange ha ammesso di avere avuto rapporti con le due donne, sostenendo però che erano consensuali. E ha sostenuto che si tratterebbe una messinscena organizzata dai nemici di Wikileaks. Il 4 novembre scorso ha annunciato di stare considerando come «una reale possibilità» l’ipotesi di richiedere asilo politico alla Svizzera, trasferendo i server di Wikileaks nella Confederazione elvetica per continuare a «operare in sicurezza».
(Pietro Vernizzi)