Caso Ruby-Berlusconi –  Una ragazza marocchina ha riferito di aver partecipato con altre giovani a feste nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore mentre ancora era minorenne. La giovane, Karima El Mahroug in arte Ruby Rubacuori, oggi 18enne, avrebbe parlato anche di rapporti sessuali, non specificando però con chi sarebbero avvenuti.



Come è emerso lo scorso ottobre, un fascicolo è stato aperto dai pm Pietro Forno e Antonio Sangermano. L’avvocato Niccolò Ghedini ha subito fatto sapere che, in riferimento al premier, si tratta di circostanze «del tutto infondate». Mentre il procuratore Edmondo Bruti Liberati ha precisato che non c’ è «alcuna inchiesta» né «denuncia» di Ruby. La vicenda era stata anticipata dal Fatto Quotidiano: secondo il quotidiano, la ragazza lavorerebbe per l’agente dello spettacolo Lele Mora. La marocchina dimostrerebbe un’età superiore alla sua. Vestita in modo lussuoso, indossa di solito gioielli costosi.



La sua storia comincia, come sottolinea Il Corriere della Sera, con una fuga dalla Sicilia dove viveva con la famiglia. Arrivata a Milano, secondo quanto ha raccontato lei stessa a persone che hanno avuto modo di incontrarla, sarebbe entrata nel giro delle feste notturne e dei party. Comparendo anche in tv, in abiti succinti e provocanti a una trasmissione di seconda serata alle quali avrebbe avuto accesso grazie a una «liberatoria» della madre. Poi, a maggio, ci sarebbe stato un diverbio tra Ruby e la brasiliana con la quale divideva un appartamento a Milano, tanto violenta da costringere la polizia ad intervenire.



La minorenne è stata segnalata ai servizi sociali e affidata a una comunità protetta, ai cui operatori racconta le sue avventure notturne e l’incontro con Berlusconi. Nella comunità Ruby non resta a lungo, perché presto riesce a fuggire. La ritrovano qualche tempo dopo e, stavolta, la mandano a Genova dove viene interrogata dagli investigatori ai quali racconta di aver anche ricevuto denaro in regalo. Fugge una seconda volta, per essere ritrovata di nuovo dalle forze dell’ordine durante un controllo in estate. Ma l’episodio più scottante dell’intera vicenda si verifica alla fine del maggio scorso.

La notte del giorno 27, mentre la giovane marocchina è fotosegnalata in seguito a un’accusa di furto, un uomo della scorta di Berlusconi chiama il gabinetto del questore per chiederne il rilascio e l’affidamento a una persona che era già arrivata negli uffici di polizia. Passa quindi il telefono allo stesso Cavaliere che parla per qualche minuto con l’alto funzionario. Il capo del governo decide dunque di esporsi personalmente e poco dopo la ragazza è effettivamente lasciata libera. Appena si diffondono queste notizie, le ripercussioni politiche sono immediate. L’ opposizione va all’attacco contro Silvio Berlusconi, con l’Italia dei Valori che reclama una mozione di sfiducia e annuncia una «grande manifestazione contro il governo del bunga bunga». Il Pd chiede le dimissioni del premier, parlando di un presunto abuso di potere per la telefonata in questura.

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Il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, vuole «le dimissioni del premier e di un governo che ormai naviga nel buio, per aprire una fase nuova nel Paese». Per il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, «l’Italia ha una dignità da difendere nel mondo» e il comportamento di Berlusconi «la sta mettendo a repentaglio». Secondo Bersani, Berlusconi non può rimanere «in un ruolo pubblico che ha indecorosamente tradito».

Nel mirino delle opposizioni la chiamata del premier alla questura e la chiamata in causa del consigliere regionale Nicole Minetti per «salvare» la minorenne Ruby dal carcere o dalla comunità. «Se fosse confermata la notizia che il pubblico ministero aveva disposto l’affidamento della ragazza a una comunità – sostiene Dario Franceschini – ci troveremmo di fronte a un intollerabile miscuglio di menzogne e reati inconciliabili con il ruolo di presidente del Consiglio». Per questo, esige il presidente dei deputati del Pd, «il ministro Maroni ha il dovere di riferire immediatamente al Parlamento su quanto è successo alla questura di Milano». «È di una gravità inaudita – rileva Emanuele Fiano – che si sia tirato in ballo uno Stato straniero».

Allusione alla parentela, risultata poi non vera, di Ruby con il presidente dell’Egitto, Mubarak. Se Ruby è la nipote di Mubarak, «io sono Nefertiti Regina del Nilo. Non me la sono bevuta, e non posso dire di aver mai autorizzato l’affido alla Minetti». Sono le dichiarazioni di Anna Maria Fiorillo, pubblico ministero che nella notte tra il 27 e il 28 maggio, di turno al Tribunale dei Minori di Milano, ha ricevuto quelle «sei o sette» telefonate dalla Questura dopo il fermo di Ruby.

Dopo le parole del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che ha riferito della vicenda in Senato, Fiorillo ha precisato: «Desidero comunicare ufficialmente che investirò il Consiglio superiore della magistratura della questione in quanto le dichiarazioni del ministro, che sembrano essere coerenti col comunicato del procuratore Bruti Liberati, non corrispondono alla mia diretta esperienza personale». Nella lettera al Csm, il pm scrive: «Chiedo che la discrepanza con i dati di realtà che sono a mia conoscenza venga chiarita».

(Pietro Vernizzi)