“Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schiva e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io”. A parlare è il “giovane Holden”, uno dei personaggi più famosi della letteratura mondiale e, indubbiamente, il più celebre di quelli creati dalla penna di Jerome David Salinger, scrittore statunitense classe 1919, passato a miglior vita quest’anno.
Un paradosso, il successo di questo romanzo pubblicato nel 1951, perché Salinger era un uomo di natura schiva e riservata.



I primi passi – Figlio di un ebreo di origini polacche e di una donna metà scozzese e metà irlandese, lo scrittore, nato a New York il 1° gennaio 1919, si trova, dopo gli studi tra l’Ursinus College e la Columbia University, a “cedere” una fidanzata – Oona O’Neil – a Charlie Chaplin e, nel 1942, a partecipare a una delle più dure battaglie della seconda guerra mondiale. Esperienza indelebile, quella del conflitto, anche perché Salinger è uno dei primi soldati a entrare in un campo di concentramento liberato dagli alleati. Ma, da subito, il newyorkese dimostra la sua vocazione per la scrittura, tanto che Ernest Hemingway, suo compagno di lettere, lo descrive come un “talento straordinario”. Un talento presto riconosciuto anche dal “The New Yorker”, che nel 1948 pubblica “Bananafish”, ovvero “Un giorno perfetto per i pesci banana”, facendo firmare al giovane scrittore un contratto di esclusiva.



Tra gli altri suoi lavori, vanno ricordati “Alzate l’architrave carpentieri”, “I nove racconti” e “Franny e Zooey”. Tutti all’insegna del disagio esistenziale.
Lavoro e amore, nella vita di Salinger, non occupano minimamente lo stesso posto. Un matrimonio, celebrato con una tedesca nel 1945, fallisce dopo otto mesi per l’abbandono di lei.

Il “Giovane Holden” come alter-ego – Ma, nella vita di Salinger, il vero protagonista è sempre stato il “giovane Holden”. Romanzo di immediato successo per lo stile fluido e scorrevole e per la cura dei dettagli. Ma anche criticato e, addirittura, censurato in alcuni paesi. Holden nasce come uno specchio di Salinger, una “specie di autobiografia” che, con il tempo, diventa un incubo di cui è impossibile liberarsi. Quell’alter ego di sé così vero e così profondo, tanto che in una intervista rilasciata più avanti dice: “La mia adolescenza fu molto simile a quella del ragazzo del libro. Fu una liberazione parlarne alla gente”. Lo scrittore nell’opera dissacra la religione, parla di sesso con disinvoltura e si intrattiene con le prostitute. Non stupisce, quindi, che, all’epoca, creasse scandalo.



 

Holden diventa così il più grande antieroe americano dopo Huckleberry Finn di Mark Twain, un giovane di buona famiglia che capisce troppo presto la durezza della vita e decide di vivere al limite.
Un peso ingombrante, per Salinger, quello del “giovane Holden”. Un peso che lo porta a rinchiudersi in se stesso, nonostante l’incontro con la studentessa Claire Douglas, nel 1955, da cui ebbe due figli, Margaret e Matt. Un uomo difficile, insoddisfatto, nonostante il talento. In una delle rare interviste concessa al “The New York Times” nel  HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/1974″ \o “1974” 1974, lo stesso Jerome spiega: “non pubblicare mi dà una meravigliosa tranquillità…Mi piace scrivere. Amo scrivere. Ma scrivo solo per me stesso e per mio piacere”.

Il desiderio di anonimato .- Ma se il “Giovane Holden” con le sue decine di migliaia di ristampe ogni anno continua ad esistere, lo scrittore lascia quasi subito la scena. Abbandona New York nel 1953 per rifugiarsi nel New Hampshire a Cornish dove rimarrà fino alla morte (il 27 gennaio 2010), scrivendo fino alla fine, ma raramente pubblicando. “Il desiderio che uno scrittore ha di anonimato e oscurità è la seconda dote più importante che gli sia stata affidata”. Un silenzio rotto poche volte sulle pagine dei giornali per rare interviste rilasciate e per fermare alcune biografie non autorizzate. La sua scomparsa dal mondo della letteratura non fa altro che aumentare quell’alone di mistero e di mito che già da tempo aleggiava intorno allo scrittore.

Le copertine bianche – In Italia il “Giovane Holden” è stato pubblicato per la prima volta nel 1952 dal romano Gherardo Casini con il titolo “Vita di un uomo”. Negli anni che sono seguiti, l’autore ha sempre criticato le copertine del suo romanzo, gradendo soltanto quella della ristampa nel 2002, completamente bianca. Tanti i libri, le biografie e le presunte rivelazioni su Salinger. Tra tutte, nel 2000, la “Dream Catcher: A memoir”, della figlia Margaret, che nel libro descrive il terribile dominio e controllo che il padre esercitava su sua madre, sfatando molti dei miti sullo scrittore.

Il “Garbo della letteratura” – Dannato. Maledetto. Incompreso. Ma pur sempre geniale. Figura predominante nella storia del Novecento, è comparso sulle cronache anche nel 1980, quando l’assassino di John Lennon ha confessato di avere preso spunto dal “Giovane Holden” per compiere l’insano gesto. Alla sua morte, avvenuta senza dolore e per cause naturali nella sua casa di Cornish, il “New York Times” lo ricorda come “Il Garbo della letteratura”, colui che è stato in grado di scrivere il più grande romanzo generazionale americano.

(Ilaria Morani)