Sarkozy e lo scandalo L’Oreal – Non si può dire che gli ultimi tre anni siano stati tranquilli per Nicolas Sarkozy. A maggio del 2007, pochi giorni dopo la vittoria alle presidenziali, l’inquilino dell’Eliseo va infatti in vacanza sullo yacht del miliardario Vincent Bollorè e fioccano le polemiche sull’opportunità. In ottobre dopo reciproci tradimenti, divorzia dalla seconda moglie, Cecilia. A dicembre sulla stampa esplodono le immagini nella relazione con l’ex top model, Carla Bruni: due mesi dopo, tra smentite poco credibili e scoop dei giornali di gossip, il matrimonio.



L’anno dopo non è da meno, visto che Rachida Dati, ministro della Giustizia, da beniamina del presidente diventa un problema ingombrante fino all’allontanamento l’anno successivo: i maligni attribuiscono la caduta più alla Bruni che alla volontà politica di Sarkozy. In febbraio, tanto per aggiungere guai a guai, Sarkozy viene ripreso mentre dà del «povero coglione» a un visitatore del Salone dell’agricoltura che lo aveva offeso.



Nell’ ottobre 2009 candida il secondogenito Jean alla testa dell’Epad, società che gestisce il quartiere d’affari de La Defense, scatenando denunce di nepotismo per fermare le quali Jean rinuncia  all’incarico. Nel gennaio di quest’anno, poi, si conclude con un non luogo a procedere per de Villepin, nemico di Sarkozy, il processo Clairstream, complessa vicenda fatta di accuse e contro-accuse tra i due politici.

Ma tutto questo è nulla rispetto a quanto esploso quest’estate, uno scandalo di corruzione in piena regola che lo scorso luglio costrinse Nicolas Sarkozy a presentarsi alle spalle dei giardini dell’Eliseo in serissimo completo blu per assicurare che «non era preparato» a uno scandalo di questo tipo ma che considerava le accuse «una vergogna».



Nel giorno in cui i sondaggi di gradimento lo davano al punto più basso da quando era presidente, Nicolas Sarkozy parlava alla nazione intervistato da David Pujadas su France 2: doveva spiegare ai francesi la riforma delle pensioni, la stessa che in questi giorni sta paralizzando il paese a colpi di scioperi, invece fu costretto a difendere se stesso e il suo ministro del Lavoro, Eric Woerth, dalle accuse del caso Liliane Bettencourt.

Di che si tratta? Un’indagine – a colpi di perquisizioni eccellenti e accuse al vetriolo da parte della stampa – sull’ereditiera 87enne della grande casa cosmetica L’Oreal, indagata per finanziamenti illeciti, evasione fiscale e favori ai politici di centro-destra, vicenda che ha coinvolto sia Woerth sia Sarkozy, accusato personalmente di aver intascato dalla donna più ricca di Francia una tangente di 150mila euro durante la campagna elettorale del 2007. «Se fossi stato un uomo legato al denaro, avrei fatto un’altra carriera rispetto a quella di impegnarmi nella vita politica al servizio del paese, come faccio da 35 anni. La Francia non è un paese corrotto», si è difeso Nicolas Sarkozy, senza però dare troppe spiegazioni riguardo le rivelazioni pubblicate a metà giugno dal sito Mediapart e dal settimanale Le Point.

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Stando a quelle indiscrezioni, Bettencourt avrebbe donato 7.500 euro a un’associazione vicina a Woerth e poi ottenuto un rimborso di 30 milioni dal fisco quando lo stesso Woerth era ministro del Bilancio. Accuse pesanti, cui Sarkozy rispose in questo modo: «L’abbiamo visto tre mesi fa: mia moglie ed io abbiamo subito le peggiori invenzioni, menzogne. Quattro anni fa, quando ero presidente dell’Ump, mi trovai di fronte all’inverosimile caso Clearstream. Ed ecco che, con la riforma delle pensioni, mi si descrive come qualcuno che, da 20 anni, andrebbe a casa della signora Bettencourt per portar via delle buste. È una vergogna. Il problema non è che io sia vittima di queste cose, ma che si perda tempo rispetto a quello che la gente si aspetta da me. Cioè una cosa semplicissima: uscire dalla crisi».

Certo, il fatto che ad essere colpito sia stato il ministro destinato a guidare le riforma più impopolare di Francia, desta qualche sospetto – almeno sul timing – ma a creare un precedente in questo caso è la guerra tra Nicolas Sarkozy e Le Monde, cominciata fin dai tempi delle presidenziali. L’inchiesta giornalistica si è allargata settimana dopo settimana, anche grazie a una serie di testimonianze fornite ai giornali in forma anonima proprio da varie persone dell’inner circle di Sarkozy.

A seguito di una di queste, sostiene Le Monde, il presidente francese avrebbe dato mandato ai servizi segreti di scoprire la provenienza delle indiscrezioni e individuare le fonti dei giornalisti di Le Monde. Che, prontamente, ha presentato una denuncia contro ignoti per “violazione della segretezza delle fonti”, protetta della legge per la libertà di stampa. Ora, la questione è complessa. Da un lato non sorprende che l’amministrazione di Sarkozy voglia impedire le fughe di notizie dall’interno e soprattutto da parte di funzionari del governo, teoricamente sottoposti al segreto professionale.

Dall’altro, però, a destare sospetto sono le condizioni in cui sarebbe stato dato mandato di indagare sulle fonti delle notizie, quantomeno irrituale e soprattutto perché in contrasto con la rigidissima legge a tutela della segretezza delle fonti emanata quest’anno e promulgata proprio con la firma in calce di "monsieur le President". La partita è aperta.